lunedì 10 novembre 2014

Andrea Marcoccia e Gian Paolo Rabito protagonisti di una bipersonale presso la galleria SpazioCima di Roma



Andrea Marcoccia e Gian Paolo Rabito

STREET VIEW

ANDREA MARCOCCIA – GIAN PAOLO RABITO


SPAZIOCIMA
via Ombrone 9 Roma
dal 5 al 29 novembre 2014



(testo e foto Rosa Orsini)
La mostra, in programmazione fino al prossimo 29 novembre presso Spaziocima a Roma, esplora attraverso i lavori di Andrea Marcoccia e Gian Paolo Rabito le declinazioni artistiche del concetto di spazio urbano.
Dal percorso espositivo, strutturato sul confronto dialettico fra le due diverse identità artistiche, scaturisce una riflessione sulle premesse interpretative e sui modelli di rappresentazione visiva attraverso cui le città, gli agglomerati e le periferie diventano materia di studio antropologico. Una ricerca a volte casuale ma spesso cercata nei substrati sociali e negli agglomerati urbani delle città americane. Lo spunto proviene da un viaggio intrapreso circa due anni addietro dai due giovani artisti negli Stati Uniti. Un'esperienza che hanno condiviso con le loro rispettive mogli e che ha saldato il loro legame di amicizia, nato inizialmente da un rapporto professionale che li ha visti esporre congiuntamente in varie mostre collettive e bipersonali.
Andrea Marcoccia
Arricchiti da questa esperienza hanno poi trasferito nei lavori che ritroviamo esposti le memorie suggestive dei paesaggi, delle strade e delle case tipiche delle città che sono entrate a far parte del nostro immaginario collettivo, come New York o Los Angeles. Ognuno con il proprio linguaggio personale, unico e riconoscibile già ad un primo approccio visivo: l'iperrealismo di Gian Paolo Rabito e il surrealismo onirico di Andrea Marcoccia. Una mostra a tema come indica il titolo Street View che prende spunto da un'applicazione di Google Maps. Una lente di ingrandimento che permette la visione di ogni angolo del mondo proiettando nello sguardo di chi guarda l'illusione di un viaggio virtuale. La tecnica digitale di matrice contemporanea usata come studio di base cede il passo se vuoi ad un ritorno verso la pittura classica o metafisica, e al disegno.
Andrea Marcoccia
Varcando la soglia della galleria i primi lavori a catturare l’attenzione sono i quadri di Andrea Marcoccia. I paesaggi realizzati con una tecnica ad olio su carta rimandano a suggestioni oniriche, trasferendo il disegno astratto da una base realistica ad un piano prettamente metafisico. L'idea creativa alla base dell’opera si rivela non privo di significati: una mappatura aerea di New York, ma potrebbe essere una qualsiasi altra città, emerge da uno sfondo quasi irreale e rimanda al titolo della mostra. Una visione dall'alto delle strade, una campitura surreale della città. La forma del reticolato urbano che si compone sulla superficie della carta, variando nella sequenza e nel percorso, relativizza la visione dell’immagine. L’artista realizza un’elegante composizione grafica partendo da una matrice pittorica e cattura attraverso la carta adesiva il reticolato esterno alla città. Potrebbe trattarsi di lunghe arterie stradali oppure di campi coltivati, rappresentati tecnicamente dalla presenza di sottili strisce di scotch di carta di diverso colore e tonalità applicate lungo linee immaginarie su una base di colore ad olio. Le strisce di carta si integrano perfettamente con l'insieme tanto da confondersi con la pittura. Come afferma Marcoccia “Molta gente non si è neanche accorta della presenza dello scotch. Questo mi ha meravigliato molto … Mi ha fatto molto piacere che le strisce di carta si siano così tanto amalgamate con tutta l'opera tanto da diventare un tutt'uno con la pittura.”
Andrea Marcoccia
Una tecnica personale che ritroviamo in un altro quadro simile ma distinguibile dalla presenza di un passe-partout bianco che mette in risalto la tecnica del lavoro. Trattasi anch'esso di olio su carta ma è l'immagine al centro ad essere protagonista di un esterno sfocato come se guardato dall'obiettivo di una macchina fotografica.
Oltre a questi lavori su carta Andrea propone la serie Construction dove ritrae ad olio le visioni dei grattacieli ripresi dall'alto, una proiezione aerea di New York che evidenzia la particolare struttura architettonica della città. Marcoccia nasce come pittore e come tale predilige il pennello e un uso morbido e fluido della tecnica ad olio, che sia su carta o su tela. Ma sperimenta la fotografia come tecnica investigativa spesso per ricreare i paesaggi che lo hanno colpito riproducendo con la pittura l'idea d'insieme che fuoriesce dal suo animo creativo. La serie presenta una sequenza di immagini dove la materia dello spazio generata dall’originale trasposizione fotografica si trasferisce attraverso la pittura su un piano puramente personale. Per l'artista la fotografia diventa un ulteriore linguaggio espressivo. In occasione della mostra Andrea ha portato alcuni scatti realizzati con la macchina fotografica e con il cellulare, usando in questo caso un'applicazione chiamata Instagram. Scenari deserti, frammenti di vita in cui l'uomo anche se casualmente assente è rappresentato da ciò che ha creato con il suo ingegno: le costruzioni, i teatri, le avenues sconfinate. Infine, in un dialogo tra epoche tecnologiche, una nostalgica polaroid imprime l’immagine di un spaccato sociale partendo dalla condizione soggettiva e intima dell’artista.
Andrea Marcoccia
Nei miei lavori è quasi sempre assente l'essere umano anche se in realtà si tratta proprio di una ricerca antropologica sul substrato di vita umana, di vissuto, attraverso uno studio sulle periferie. Non è stata neanche una ricerca voluta. Ma neanche così casuale, poiché sono andato a cercare dei posti come la periferia dove ti scontri con certi tipi di realtà . E' ovvio che poi il soggetto in se stesso me lo sono trovato davanti all'improvviso. Perciò ho fatto una serie di scatti. All'interno di questi scatti poi ci sono dei risultati buoni come quelli che ho esposto.”
Non è una fascinazione quella che lo porta a scegliere l'America come soggetto dei suoi lavori.
Io sono affascinato un po' dal mondo in generale e dall'essere umano nel mondo. Quindi dalle società, insomma dai raggruppamenti sociali. Quello che mi colpisce durante i miei viaggi è il paesaggio in se stesso. L'America è stato un caso visto che ci ha unito perché l'abbiamo vissuta insieme come un'esperienza umana. Un'esperienza che ci ha unito pure dal punto di vista lavorativo proponendo i nostri lavori in questa mostra.”
Gian Paolo Rabito
Anche Gian Paolo Rabito realizza il proprio lavoro partendo da una base fotografica che ferma l'immagine nel tempo e che gli permette di riprodurre fedelmente, quasi con precisione certosina, le infinite stratificazioni che compongono le strade animate da cartelloni pubblicitari ed insegne al neon, e le sovrapposizioni architettoniche degli edifici urbani. Completando i disegni con una tecnica acquarellata Rabito dà corpo e anima alle immagine scaturite dalle memorie del viaggio intrapreso in America. Partendo quindi da un processo fotografico capace di afferrare l’aspetto più sfuggente, Gian Paolo Rabito rappresenta attraverso i suoi disegni e le sue pitture la dimensione spaziale delle case e delle strade americane. Una visione stereotipata della città di Los Angeles viene soggettivata dalla tecnica personale che proviene da una lunga esperienza come illustratore cinematografico. Rabito si fa portavoce di un realismo accurato degli spazi cittadini. Riproduce i vari angoli della città americana, quelli più caratteristici, quasi familiari ma facendo suo ogni scorcio. Ogni vetrina o negozio disegnato è frutto di una rielaborazione creativa. Perché nonostante il bombardamento iconografico e mediale al quale siamo sottoposti l'artista vuole far sua e soltanto sua quell'immagine, riproporre quindi la sua personale visione filtrata dalla sua sensibilità di artista. Le riproduzioni minuziose e dettagliate riportano alla mente la cartellonistica degli anni 50. Gian Paolo realizza immagini suggestive di gradevole impatto visivo dove il disegno è protagonista. Attraverso l'uso di una tecnica affinata negli anni alla quale aggiunge le tonalità luminose del colore acrilico, riesce a riprodurre fedelmente le facciate delle case e le strade in prospettiva. 
“Questi acquerelli sono su fondo bianco. In realtà sono acrilici trattati come acquerelli. Sono disegni molto luminosi perché ho lavorato in trasparenza sulla carta proprio per accentuare questo effetto. Infatti lasciando il cielo bianco si ottiene un effetto ancora più luminoso.”
Gian Paolo Rabito
Un ritorno alla tecnica del disegno capace di riprodurre come un'istantanea l'immagine riflessa nello sguardo del pittore. Nostalgia per un passato da illustratore cinematografico e per una tecnica professionale ormai abbandonata a vantaggio dell'era digitale, della fotografia e del ritocco fotografico. Ma per la quale, ricorda Rabito, noi eravamo famosi: “Noi eravamo i maggiori esponenti al mondo, abbiamo avuto qui a Roma il più grande cartellonista cinematografico mondiale Renato Casaro.... e anche altri come Enzo Sciotti. Una serie di nomi illustri della cinematografia a livello mondiale. Eravamo leader assoluti. Quindi io sono cresciuto con queste immagini... Purtroppo si è persa tutta la parte illustrativa che invece secondo me era fondamentale. Eravamo arrivati a dei livelli di tecnica eccezionali.”
Gian Paolo Rabito
La sua mano è riconoscibile anche quando cerca attraverso l'uso dei colori ad olio di ricreare un effetto anticato del soggetto riprodotto. Un'immagine suggestiva di Castel Sant'Angelo, gigantesca e imponente su una parete di sfondo della galleria, ne è la prova.
Ho voluto fare questi lavori acrilici su carta per ritornare al disegno. Un attenzione al disegno che si è un po' persa nel tempo. Perché adesso quando si parla di pittura si parla solo di pittura a olio che se vuoi è una tecnica molto semplice perché si può intervenire per correggere, ritoccare e ritoccare e andare avanti fino a che non si arriva al risultato finale.. La difficoltà della tecnica che ho utilizzato e la bellezza dell'effetto che ne risulta è dovuto invece al fatto che il colore deve essere dato esclusivamente in un dato modo e non puoi intervenirci sopra. Su una tecnica acquarellata così non hai alcun margine di errore.”
Gian Paolo Rabito
Il percorso espositivo si articola tra le varie opere, alternando i diversi registri interpretativi. Da immagini cristallizzate dall'obiettivo di una polaroid, il processo creativo si traduce in pittura e in disegno acquarellato. L'equilibrata interazione dei lavori negli spazi interni della galleria ha il potere di trasferire al pubblico le suggestioni di un viaggio virtuale, frutto di questa elaborata ricerca dove la personale immersione in una dimensione spazio-temporale della realtà americana è rielaborata dall'abilità tecnica e dalla sensibilità artistica dei due protagonisti.

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