Stefano
Sesti
Opere dell'artista
18/19/20 settembre 2019
dalle ore 10,30 alle 19,30
Mostra a
cura di Rosa Orsini
Vernissage
18 settembre ore 17,30
Palazzo
Albertoni Spinola, Sala Aventinus
Piazza
Campitelli 2, Roma
“Meditazione” è il titolo della mostra
personale dell’artista Stefano Sesti, in corso dal 18 al 20 settembre a Roma, a
palazzo Albertoni Spinola, edificio di dichiarato interesse storico artistico,
intitolato a due importanti famiglie storiche che si sono avvicendate nella
proprietà e che hanno legato il loro nome alla nobiltà capitolina. Un palazzo
che apre l’ampio portone su una finta prospettiva che guarda alla bellissima
chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli, gioiello architettonico del
barocco romano.
Allestita nella piccola ma suggestiva sala
Aventinus, al pian terreno di questo
storico e magnifico edificio del XVI secolo, la cui progettazione iniziale vanta
il prestigioso nome di Giacomo della Porta, laddove l’attuale struttura si deve
ai successivi interventi ideati da Girolamo Rainaldi, che progettò anche la
chiesa antistante, la mostra apre la stagione espositiva del pittore romano che
in questa occasione presenta al pubblico i frutti della sua recente produzione.
Allievo di Montanarini e Russo, che
segnano il suo cammino nell’arte, Sesti da sempre abbraccia l’astrattismo come
segno contemporaneo, universale. La sua pittura si sposa con la sua poetica,
nutrendosi di sensazioni e stimoli che l’artista riversa tanto sulla tela
quanto nei suoi lirici versi. Abbandonati i sentieri espressivi di uno stile
pittorico che trova espressione in una gestualità vivace tradotta nella stesura
del colore, come le bellissime composizioni su carta dove la rappresentazione
astratta della natura acquista un ritmo modulato, affidando alle sonorità mute la
partitura di una criptica sinfonia, l’artista oggi ci regala nuove emozioni
sensoriali attraverso questo corpus di opere realizzate tra il 2018 e il 2019
che sottendono ad altri ma sempre profondi significati.
L’autenticità del suo stile, la grafia
distinguibile del suo segno nel campo dell’arte contemporanea, si rivela nella
scelta degli elementi compositivi, in parte geometrici, in parte irreali, che dialogano
su ampie campiture di colore acrilico, bianco o giallo primario. Ne consegue
che l’impianto pittorico è un incontro di linguaggi che affidano al segno e al
colore un profondo significato.
Nella ripetizione volontaria degli elementi
compositivi, sono numerose le varianti a cui l’artista perviene, senza
stravolgimenti o cambi di rotta, intuendo le dovute modifiche. Si tratta quindi
della scelta di elementi fissi, con una staticità quasi corporea relegata in
uno spazio definito, ma non per questo privi di quella sottile variabile emotiva
che affonda le radici nella capacità visionaria dell’artista di riconoscere al
colore un forte impatto visivo.
Una mutevolezza che amplia la visione
del suo modus operandi e che ci rivela
infiniti processi creativi, mediante l’uso di particolari gamme cromatiche.
I significati a sostegno della sua
pittura sono molto profondi, richiamano all’innato desiderio di congiungimento
tra anime sensibili, che tendono verso l’altro, all’unione, pur rimanendo
distanti. Sono figurati come filamenti neri, ectoplasmi di colore smaltato sulla
superficie, che vivono e si muovono nello spazio; confinati agli estremi, non
si toccano ma percepiscono la presenza dell’altro. Sembrano antenne sensitive che
rispondono a lontani richiami, ad ultrasuoni non udibili dall’essere umano, emessi
da stilizzate mantidi o meduse. L’artista ricorre ad una particolare
raffigurazione retaggio di lontane influenze metafisiche che trovano qui una
loro sintesi. La sfera infine, l’unico elemento geometrico della scena
pittorica, rappresenta l’unione, il completamento, lo yin e lo yang, la vita che si compie.
Sono quadri di varie dimensioni su
supporto telato, realizzate con l’uso di smalti e colori acrilici, che dominano
le pareti della sala, affiancati da una piccola serie di fotografie,
l’ulteriore sentiero creativo percorso da Sesti. Qui il linguaggio cambia, c’è
un richiamo alla pop art, al graffitismo, all’arte metropolitana che usa la
parola estrapolata dai ritagli di giornale. In confronto alle sopra citate
pitture, le fotografie creano un forte contrasto di stile e di forme, sono
parte di un percorso artistico diverso, alternativo. Sesti va alla ricerca di
manifesti stampati e strappati, li fotografa, mette in risalto dettagli, a
volte agendo con interventi pittorici. Manifesti che nel loro processo vitale,
concepiti come prodotti di rapido consumo, approdano inevitabilmente ad un
incurante disfacimento; sono frutto della moderna comunicazione di massa,
rapida, veloce, che ne fa uso e abuso come strumento propagandistico di nuove e
continue, intercambiabili ideologie, e pertanto destinati ad essere
dimenticati, sostituiti. Un prodotto che si traduce in linguaggio, e che
appartiene all’arte del sociale e nel sociale trova fonte e collocazione.
Stefano Sesti si muove quindi nella
ricerca di nuovi linguaggi. La sua ricerca espressiva è fatta di coraggio e di
sperimentazione, qualità indispensabili per un artista in continua evoluzione,
e che dimostra in questo caso di avere molto da raccontare di sé, della sua
sensibilità e del suo modo di vedere il mondo e comunicare con esso.