“Gestualidad pop” di Esteban Villalta Marzi
dal 29 aprile ad 12
giugno 2015
Sala Istituto
Cervantes
Piazza Navona 91,
Roma
(testo Rosa Orsini)
Fino al 12 giugno 2015 la Sala Istituto Cervantes di Roma ospita la mostra di Esteban Villalta Marzi. La personale del pittore italo spagnolo si spiega attraverso il titolo: “Gestualidad Pop”. Una serie di quadri in un connubio di stili e caratteri, lungo una successione di sfondi tappezzati e barocchi, caratteristici della sua produzione artistica, e colori accesi su particolari ingigantiti. Alla base il concetto della gestualità nelle sue varianti espressive, capace di comunicare silenziosamente l'intenzione e la volontà del personaggio, spesso escluso volutamente dalla composizione. Sono le mani i soggetti preferiti dall'artista, dipinte nelle pose tipiche assunte nel suonare le nacchere o durante il ballo del flamenco. La cultura folkloristica irrompe nei quadri di per sé espressioni della pop art più genuina, con gli sfondi a pois e le tonalità variopinte che riempono la sagoma dei soggetti. Magistrali le ballerine di flamenco, le rose rosse, il disegno particolareggiato delle dita che stringono le nacchere.
Come enormi cartelloni pubblicitari i quadri richiamano l'attenzione dell'osservatore grazie all'immediatezza del linguaggio e delle immagini. Un close up di gesti e movenze che in alcuni casi fuoriesce dal tema e diventa fumetto, per affrontare in modo leggero il dramma della cronaca, l'efferatezza del delitto. Ecco che il soggetto ripreso diviene un'espressione caricaturale della violenza urbana dove le pistole e i coltelli insanguinati raccontano l'epilogo tragico di un non detto, di una storia che si racconta nel gesto. Qui il linguaggio visivo è forte. Disturba quasi l'occhio perché irrompe sulla parete bianca il soggetto unico e inequivocabile, non associabile ad un concetto ma rappresentativo di una violenza in atto o già compiuta. Un elemento estrapolato da un contesto palesemente privo di allusioni. Nel complesso tutto sembra dettato da una forte passionalità che non conosce freni e che probabilmente esprime il carattere dei popoli latini: viscerale, irruento, profondamente radicato nell'anima, sopito finché non risvegliato dalle emozioni allorché rompe gli argini ed esprime tutta la sua forza.
Fino al 12 giugno 2015 la Sala Istituto Cervantes di Roma ospita la mostra di Esteban Villalta Marzi. La personale del pittore italo spagnolo si spiega attraverso il titolo: “Gestualidad Pop”. Una serie di quadri in un connubio di stili e caratteri, lungo una successione di sfondi tappezzati e barocchi, caratteristici della sua produzione artistica, e colori accesi su particolari ingigantiti. Alla base il concetto della gestualità nelle sue varianti espressive, capace di comunicare silenziosamente l'intenzione e la volontà del personaggio, spesso escluso volutamente dalla composizione. Sono le mani i soggetti preferiti dall'artista, dipinte nelle pose tipiche assunte nel suonare le nacchere o durante il ballo del flamenco. La cultura folkloristica irrompe nei quadri di per sé espressioni della pop art più genuina, con gli sfondi a pois e le tonalità variopinte che riempono la sagoma dei soggetti. Magistrali le ballerine di flamenco, le rose rosse, il disegno particolareggiato delle dita che stringono le nacchere.
Come enormi cartelloni pubblicitari i quadri richiamano l'attenzione dell'osservatore grazie all'immediatezza del linguaggio e delle immagini. Un close up di gesti e movenze che in alcuni casi fuoriesce dal tema e diventa fumetto, per affrontare in modo leggero il dramma della cronaca, l'efferatezza del delitto. Ecco che il soggetto ripreso diviene un'espressione caricaturale della violenza urbana dove le pistole e i coltelli insanguinati raccontano l'epilogo tragico di un non detto, di una storia che si racconta nel gesto. Qui il linguaggio visivo è forte. Disturba quasi l'occhio perché irrompe sulla parete bianca il soggetto unico e inequivocabile, non associabile ad un concetto ma rappresentativo di una violenza in atto o già compiuta. Un elemento estrapolato da un contesto palesemente privo di allusioni. Nel complesso tutto sembra dettato da una forte passionalità che non conosce freni e che probabilmente esprime il carattere dei popoli latini: viscerale, irruento, profondamente radicato nell'anima, sopito finché non risvegliato dalle emozioni allorché rompe gli argini ed esprime tutta la sua forza.
La trasfigurazione del paesaggio americano
alla base dei lavori di Ed Ruscha
Un viaggio fuori dal tempo verso scenari post apocalittici presagiti dagli errori della società moderna
I
paesaggi archetipici soggetto delle opere esposte, profonde e
suggestive, sottolineano l'interazione tra dimensione fisica degli
spazi e comunicazione del linguaggio. Ma sono tanti gli elementi
ricorrenti in questi lavori che calcano sia le impronte del realismo
figurativo quanto i sentieri impalpabili ed evanescenti di un
surrealismo empirico e metaforico.
E'
indubbio che la personale rappresentazione del territorio di Ed
Ruscha sia suggerita da una sottaciuta critica all'imperante
consumismo della società moderna e dalla riflessione sulle nefaste
conseguenze della produzione di massa. L'immenso accumulo di rifiuti
sommerge e soffoca gli spazi, fino a sostituirsi completamente agli
elementi naturali che caratterizzano il profilo del nostro pianeta.
La terra appare destinata inevitabilmente a cambiare. Ruscha ci
mostra gli scenari futuri e drammatici come monito alle nostre
azioni. Giocando con un abile sequenza di piani e proporzioni
l'artista materializza nei suoi quadri l'idea di un paesaggio
alterato dai cambiamenti industriali. Un panorama freddo e desolante
prodotto dalla personale ma non meno obiettiva visione del futuro.
Dall'osservazione dei suoi dipinti non può che nascere una
riflessione profonda sugli errori commessi dalla nostra società.
Tutto
il lavoro si concentra sulla questione economico-ambientale relativa
allo scenario americano perché è quello che Ruscha conosce,
vivendolo in prima persona. La tematica centrale dei dipinti è
caricata di una vena critica abilmente celata da una perfetta tecnica
pittorica che sublima e armonizza l'effetto scenico improntato sul
surrealismo onirico dei soggetti. Dallo sfondo emergono oggetti
abbandonati e consunti di uso comune come materassi, cassette di
legno accatastate, lattine, scatole vuote di prodotti elettronici
gettati nei depositi urbani. L'artista crea una composizione
pittorica fatta di piani sospesi, attigui o sovrapposti, tagliati da
una diagonale che separa lo sfondo sfumato dal primo piano
figurativo.
Tele
di grandi dimensioni appaiono come fondali dipinti, quinte
scenografiche di una commedia post moderna. L'effetto visivo è
sorprendente, perché ci avvolge e coinvolge in una dimensione
irreale, iperrealista, ma non così estranea alla nostra percezione.
Gli Oggetti soggettivizzati sono simbolicamente scelti per dimostrare
come l'aspetto del nostro pianeta stia cambiando, a detrimento della
primordiale bellezza conferitagli dalla natura. In Gators
lembi
di pneumatici, squarciati e smembrati, galleggiano nello spazio
irreale in assenza di gravità, come nuvole di pioggia rigonfie.
In Bliss
Bucket un materasso usato con le
lenzuola sgualcite, forse un rifugio di fortuna, è sormontato da un
piccolo pentagramma che suggerisce le note finali di una breve ninna
nanna. Simbolismo e surrealismo compiono congiuntamente un processo
di identificazione nella realtà immaginata dalla mente creativa di
Ruscha. Una visione totale in cui il profilo della terra appare
abbandonato, desolato, sormontato dall'ennesimo oggetto di scarto che
ne oscura l'orizzonte, come l'imponente poltrona lacerata che emerge
in primo piano in uno dei dipinti della serie Psycho Spaghetti
Western, esposti nella galleria.
Le immagini sono spesso affiancate a frasi emblematiche che sottintendono il rapporto uomo-macchina, concetto che sia affianca alla tematica principale dei lavori presenti alla mostra. Associazione mentale di idee e di concetti, contenuti nei suoi dipinti e intrisi di surrealismo e simbolico approccio agli oggetti figurati.
L'impressione finale che si ha è quella che Ruscha voglia trasmetterci un messaggio subliminale fatto di immagini e frasi ad effetto. All'osservatore è chiesto di interpretare e decodificare. E soprattutto compiere una riflessione chiedendosi se davvero è proprio questa la direzione che vogliamo intraprendere oppure fare marcia indietro prima di arrivare al limite del non ritorno.
Le immagini sono spesso affiancate a frasi emblematiche che sottintendono il rapporto uomo-macchina, concetto che sia affianca alla tematica principale dei lavori presenti alla mostra. Associazione mentale di idee e di concetti, contenuti nei suoi dipinti e intrisi di surrealismo e simbolico approccio agli oggetti figurati.
L'impressione finale che si ha è quella che Ruscha voglia trasmetterci un messaggio subliminale fatto di immagini e frasi ad effetto. All'osservatore è chiesto di interpretare e decodificare. E soprattutto compiere una riflessione chiedendosi se davvero è proprio questa la direzione che vogliamo intraprendere oppure fare marcia indietro prima di arrivare al limite del non ritorno.
Nico Vascellari
Codalunga
galleria
Monitor
Via
Sforza Cesarini 43a/44 Roma
fino
al 17 gennaio 2015
Codalunga
è il titolo della quarta mostra di Nico Vascellari alla galleria
Monitor di Roma. Suddivisa nelle due sale espositive si compone da
una parte delle opere strettamente legate allo spazio veneto fondato
dall'artista che porta appunto il nome di Codalunga, mentre
dall'altra propone opere di carattere privato e personale realizzate
negli ultimi anni. Vascellari vanta uno stretto e lungo legame con la
galleria romana iniziato nel 2005 con una performance a bordo di un
pullman agriturismo ospitante una serie di artisti della scena romana
di quegli anni. Nello stesso anno decise di aprire al pubblico nel
suo studio di Vittorio Veneto, dove è nato nel 1976 e lavora, uno
spazio dedicato alla sperimentazione in campo visivo e sonoro,
Codalunga per l'appunto, che ormai è divenuto un punto di
riferimento a livello internazionale. La personale è la risultante
meditata della sua crescita artistica a cui la galleria Monitor rende
omaggio.
GREAR PATTERSON
FOREST
THEATER
Fino al 30 novembre
l'American Academy of Rome ospita una personale del giovane artista e
fotografo statunitense Grear Patterson, classe 1988, ex membro della
Still House Group. L'artista focalizza l'attenzione sul linguaggio
contemporaneo e sui suoi surrogati visivi, realizzando pitture,
sculture, video e fotografie. La mostra installata al piano terra
presenta una serie di gigantografie e dei quadri astratti che
sembrano riprodurre su una tela bianca lo stesso segno ripetuto sullo
sfondo. Al piano inferiore dell'edificio sorprende i nostri occhi una
grossa stele dal carattere fumettistico mentre sullo sfondo del lungo
corridoio col soffitto a botte possiamo ammirare un video a parete
dove uno strano effetto nell'acqua si ripete una sequenza infinita di
volte. Immediatezza, contemporaneità sono i caratteri distintivi
della sua arte, ma anche nostalgia di un passato di cui ripropone
come preziosi cimeli piccoli oggetti di uso consueto, come una
scatola di chewing-gum del 1989. Una mostra singolare che testimonia
il talento di questo giovane artista, rappresentativo della corrente
contemporanea che trova spazio e pubblico anche oltreoceano. La
mostra è curata da Peter Benson Miller, Andrew Heiskell, Arts
Director presso l'accademia americana di Roma, in collaborazione con
la Depart Foundation.
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TOBIA RAVA'
"Codici trascendentali"
15 maggio - 30 luglio 2014
ERMANNO TEDESCHI GALLERY
Roma, via del Portico d'Ottavia 7
Fino al 30 luglio 2014
Toba Ravà è protagonista con le sue opere alla Ermanno Tedeschi
Gallery di Roma. Artista quotato del panorama artistico
internazionale, Ravà espone le sue opere più recenti accolto da una
ricca affluenza di curiosi e collezionisti che hanno preso parte
all'inaugurazione svoltasi lo scorso 15 maggio.
Classe 1959, originario
di Padova, Tobià Ravà è meritevolmente uno tra gli artisti
contemporanei più in voga del momento, reduce da importanti mostre
che hanno portato in giro per il mondo il suoi quadri e le sue
sculture. I lavori esposti sono eterogenei, un mix di materiali ed
espressioni artistiche che spaziano dalla scultura in bronzo e dalla
pittura su raso a materiali insoliti quali alluminio specchiato e
light box. Scelte queste ultime alquanto insolite che però si
pongono senza dubbio all'avanguardia rispetto alle comuni tecniche
espressive.
Disposto al centro della
galleria cattura l'attenzione un piccolo cavallo realizzato in
bronzo e cera fusa, elegante nella sua superba proporzione. Sulle
pareti i quadri realizzati su supporti di vario genere sui quali
predominano colori accesi e brillanti, come il rosso, l'azzurro e
l'arancione. Colpisce subito l'occhio del visitatore la scelta
singolare dei soggetti che appaiono intrisi di una serie
interminabile di numeri e funzioni algebriche atti a completare la
superficie del disegno, che si tratti di un edificio architettonico,
dell'antro di una foresta, di rami vorticosi di un albero, o di una
farfalla dalle ali spiegate che sorvola un vortice inestricabile di
numeri.
Il titolo della mostra è
particolare: “Codici trascendentali”. Cosa si nasconde dietro
questo titolo così enigmatico, a quali codici si riferisce e
soprattutto perché accenna alla trascendenza e al divino? Entriamo a
questo punto nel merito e scopriamo che alla base del pensiero creativo vi è una
ricerca profonda e accurata della simbologia cabalistica.
Con Ravà l'arte si
arricchisce di un nuovo linguaggio. L'essenza dell'arte non si riduce
a pura immagine, frutto di una perfetta tecnica visiva
maturata con anni di ricerca e sperimentazione, ma si estende ad un
profondo messaggio simbolico che l'artista intende comunicare al
mondo. E lo fa attraverso la permutazione in numeri di parole o
frasi di grande valore che oggi purtroppo tendiamo a tralasciare o
accantonare, rapiti dalla frenesia di una realtà vuota e
superficiale.
Ispirato dalle bellezza
del paesaggio Veneto, Ravà reinterpreta la natura aggiungendo
quindi i codici simbolici della ghematrià. Ogni quadro
nasconde un viaggio interiore dell'artista che va ricercato con
attenzione tra le pieghe architettoniche di immaginari castelli
riflessi nell'acqua o sui fusti allineati sul sentiero di un bosco
incantato. Ogni angolo è intriso di numeri, dal cielo ceruleo al
pavimento ombreggiato dalle colonne di un rosso carminio. Ne sono
permeati anche i soggetti delle sculture, le mele e le tartarughe
variopinte e smaltate, risultato di una personale associazione
mentale che si riconduce ad una tradizione storico culturale di
matrice ebraica.
Ne consegue una superba
costruzione armonica che aggiunge valore al soggetto e delinea
l'imprinting dell'artista, distintivo di una profonda conoscenza
della simbologia cabalistica. E' opportuno riportare che Ravà ha
studiato semiologia e per lungo tempo ha indagato gli elementi
mistici del giudaismo e della cabala prima di approdare alla
ghematrià.
Attraverso la sua arte Ravà
lancia un messaggio all'umanità intera. Accoglie chiunque sia
disposto ad intraprendere quel viaggio verso la conoscenza suggerito
dall'infinita combinazione di numeri e funzioni che secondo la cabala
costituisce il codice che conduce alla sapienza e alla congiunzione
con l'infinito. La sua arte invita a compiere un pellegrinaggio
spirituale, quel moto interiore dell'anima attraverso il linguaggio
della mistica che secondo Platone è saggezza e conoscenza di ciò
che è universale. Un tema affascinane che estende il suo
significato oltre ogni tempo e cultura.
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Georg Baselitz
Farewell Bill
February 13 - March 29, 2014
Gagosian Gallery
6-24 Britannia Street
London WC1X 9JD
T. 44.207.841.9960 F. 44.207.841.9961
La Gagosian Gallery di
Londra rende omaggio all'artista tedesco Georg Baselitz con una
personale nella quale saranno presentate al pubblico nove singolari
pitture incentrate sui suoi bizzarri autoritratti a testa in giù. La
mostra, intitolata “Farewell Bill”, una variazione della frase
tedesca “Willem raucht nicht mehr” (che tradotta
letteralmente in inglese suona come “Willem’s no longer
smoking” e figurativamente come “Willem’s no more” o
“Farewell Willem”), avrà inizio il 13 febbraio e si
concluderà il 29 marzo 2014.
I suoi autoritratti,
colorati e istintivi, sono un omaggio alle figure gestuali di Willem
de Kooning. Le sagome, convogliate nelle strette e intrecciate linee
del pennello, affiorano da esplosivi campi colorati. Pertanto ci
troviamo di fronte ad esplosioni di rosso, di giallo, di blu e di
verde che fanno eco ai dipinti astratti di Kooning del 1970, cinque
dei quali furono presentati insieme ai primi lavori di Baselitz nella
mostra “Un nuovo spirito nella pittura” del 1981 alla Royal
Academy di Londra.
Basandosi sulla
rappresentazione trascendente della sua immagine, nella continua
ricerca di espandere la portata della rappresentazione artistica,
Baselitz ha costantemente rivisitato e ripensato ai soggetti scelti
nel corso del tempo. Alternando momenti di intuizione e fisicità,
interrompendo il soggetto dipinto sia visualmente che simbolicamente,
l'artista si auto ritrae rapidamente sottosopra indossando un
cappello con la scritta “ZERO” . Nei suoi quadri emergono nuove
atmosfere pittoriche. L'artista privandosi intenzionalmente di una
visione d'insieme dei lavori, dipinge rapidamente ogni sezione della
tela sul pavimento, per poi passare alla prossima. Ogni pennellata
registra un'azione decisa. Sulla tela emergono gettate di vernice e
impronte, tracce del processo di affermazione dell'atto del
dipingere. Come i dipinti di Kooning, i nuovi lavori di Baselitz
mostrano una fluidità simile a quella dell'acquerello, raggiunta
attraverso l'assottigliamento dei colori ad olio con la trementina e
con la loro rapida applicazione sulla tela. Il tutto
conferisce una forte tensione a questi singolari autoritratti. Si
assiste quindi ad un nuovo approccio alla persistente sovversione del
soggetto dipinto da parte dell'artista.
Sono state proprio le immagini capovolte a dare notorietà a questo pittore singolare e controverso, pioniere della pittura neo-espressionista tedesca. Una peculiarità propria dell'artista che nel 1970 faceva parte della "Neue Wilden", un gruppo di artisti tedeschi interessati alla deformazione, al potere del soggetto e alla vivacità dei colori. Nato nel 1938 in Deutschbaselitz, Georg Baselitz alterna attualmente il suo lavoro tra Monaco e Imperia. Nel corso della sua lunga carriera ha avuto occasione di esporre al Solomon R. Guggenheim Museum di New York (1995), alla Royal Academy of Arts di Londra (2007), e alla Galleria Borghese di Roma (2011). Oggi sono numerosi i musei che includono le sue creazioni artistiche nelle preziose collezioni pubbliche, come il Museo Ludwig di Cologne, il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum of Art di New York e la Tate Modern di Londra.
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Mattia Preti: Il cavalier calabrese alla reggia di Venaria Reale.
Dal 16 maggio al 15 settembre 2013
In occasione del quattro
centenario della nascita, la regione Calabria rende omaggio al suo
più importante conterraneo con una serie di eventi culturali. Dopo
l'importante antologica presso il museo civico di Taverna, in
Calabria, dove il pittore vide i natali, oggi tocca al Piemonte
ospitare presso le magnifiche sale della reggia di Venaria Reale le
tele di Mattia Preti. Pittore dalle grandi capacità artistiche,
seguace di Caravaggio da cui riprende il tratto chiaroscurale, a cui
aggiunge il tocco cromatico dei pittori veneti, nasce a Taverna, un
piccolo paese della Provincia di Catanzaro nel 1613. Trasferitosi a
Roma nel 1630 dal fratello Gregorio anch'egli pittore, ebbe grande
fortuna presso la corte di Papa Urbano VIII che lo nominò nel 1642
Cavaliere di Obbedienza Magistrale dell’Ordine di Malta. Da
allora il suo appellativo sarà Cavalier Calabrese. Dopo un lungo
periodo artistico nella città eterna dove lasciò numerose
testimonianze della sua arte, come gli affreschi nella chiesa di
Sant'Andrea della Valle, si trasferì a Napoli, dove raggiungerà
piena maturità espressiva realizzando opere di massima importanza, e
infine a Malta dove giungerà nel 1661 per dimorarvi quarant'anni
lavorando sia per le committenze dell'isola sia per quelle
napoletane e italiane. Morirà a La Valletta nel 1699.
La mostra, inaugurata in occasione dell'apertura della fiera del libro di Torino che in questa edizione ha proprio come ospite d'onore la regione Calabria, è intitolata “Il Cavalier calabrese Mattia Preti. Tra Caravaggio e Luca Giordano”. Si tratta di un importantissimo evento che per l'occasione ha trovato spazio nelle magnifiche sale di questa bellissima residenza sabauda che per munificenza ed estensione eguaglia la reggia di Versailles. Importantissimo l'allestimento curato da da due grandi esperti: Vittorio Sgarbi (curatore) e Keith Sciberras, Professore di Storia dell’Arte all’Università di Malta (co-curatore). Il percorso espositivo si snoda attraverso 40 capolavori, accuratamente selezionati, presentati insieme ad importanti dipinti del Caravaggio e di Luca Giordano che documentano le fonti e le influenze della pittura del Preti. La mostra si sviluppa in cinque sezioni: Musicisti e Giocatori d’azzardo; Racconti ed Emozioni; Volti e protagonisti; La maniera trionfale ed Eroine e la Virtù Stoica. Non può che emozionare la visione di questi meravigliosi quadri. Di grande intensità spirituale le tele che riproducono scene sacre, nei quali si coglie influenza del Guercino mentre le scene corali ambientate nelle taverne e i musici presentano quella nota di chiaro scuro che richiama la tecnica del Caravaggio di cui Preti fu seguace. Non è a caso che il percorso si apra con una delle opere più famose del pittore lombardo: il “Riposo durante la fuga in Egitto”(1595-1596), proveniente dalla Galleria Doria Pamphilj di Roma. Ottima quindi la collocazione espositiva di questa lunga serie di opere provenienti da circa 25 prestigiose collezioni pubbliche e private, italiane, maltesi e inglesi. Un tuffo nel passato per recuperare la testimonianza artistica del grande pittore barocco.
La mostra, inaugurata in occasione dell'apertura della fiera del libro di Torino che in questa edizione ha proprio come ospite d'onore la regione Calabria, è intitolata “Il Cavalier calabrese Mattia Preti. Tra Caravaggio e Luca Giordano”. Si tratta di un importantissimo evento che per l'occasione ha trovato spazio nelle magnifiche sale di questa bellissima residenza sabauda che per munificenza ed estensione eguaglia la reggia di Versailles. Importantissimo l'allestimento curato da da due grandi esperti: Vittorio Sgarbi (curatore) e Keith Sciberras, Professore di Storia dell’Arte all’Università di Malta (co-curatore). Il percorso espositivo si snoda attraverso 40 capolavori, accuratamente selezionati, presentati insieme ad importanti dipinti del Caravaggio e di Luca Giordano che documentano le fonti e le influenze della pittura del Preti. La mostra si sviluppa in cinque sezioni: Musicisti e Giocatori d’azzardo; Racconti ed Emozioni; Volti e protagonisti; La maniera trionfale ed Eroine e la Virtù Stoica. Non può che emozionare la visione di questi meravigliosi quadri. Di grande intensità spirituale le tele che riproducono scene sacre, nei quali si coglie influenza del Guercino mentre le scene corali ambientate nelle taverne e i musici presentano quella nota di chiaro scuro che richiama la tecnica del Caravaggio di cui Preti fu seguace. Non è a caso che il percorso si apra con una delle opere più famose del pittore lombardo: il “Riposo durante la fuga in Egitto”(1595-1596), proveniente dalla Galleria Doria Pamphilj di Roma. Ottima quindi la collocazione espositiva di questa lunga serie di opere provenienti da circa 25 prestigiose collezioni pubbliche e private, italiane, maltesi e inglesi. Un tuffo nel passato per recuperare la testimonianza artistica del grande pittore barocco.
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