lunedì 26 ottobre 2020

Margherita Sarfatti e l'arte tra le due guerre

Una donna che condizionò il mondo della cultura e dell'arte, dominando la scena con la sua profonda intelligenza


di Rosa Orsini


Margherita Sarfatti ritratta da Mario Sironi

 

Il bellissimo quadro di Mario Sironi introduce la mostra “MARGHERITA SARFATTI E L'ARTE IN ITALIA TRA LE DUE GUERRE” in corso alla galleria Russo di Roma fino al 31 ottobre pv.


Il quadro ritrae il viso della Sarfatti immerso nell’ombra dell’ampia tesa del cappello, su uno sfondo colorato da una morbida cromia bruciata, che va schiarendosi per dar forma alla sagoma accennata dal tratteggio. Il ritratto, così fedele all’originale tale da restituirci la percezione del carattere intelligente e vivace, descrive la donna, l’intellettuale, la collezionista, colei che seppe rappresentare l’universo culturale femminile della prima metà del ‘900.

Un periodo difficile, dal punto di vista politico, soffocato nel ricordo di un passato storico con cui l’Italia deve fare i conti, a cui va riconosciuto nonostante tutto l’affermarsi di nuove correnti artistiche, inizialmente contestate poi divenute rilevanti nella storia dell’arte italiana. Parliamo delle avanguardie, in particolar modo del futurismo, sostenute da personaggi di grande acume, lungimiranti, capaci di cogliere nella modernità dei linguaggi il loro potere rivoluzionario nel modo di fare e intendere l’arte.

Il ventennio vide infatti l’affermarsi sul palcoscenico culturale di figure intellettuali di grande rilievo, che portarono quel vento di cambiamento a cui l’arte contemporanea guarda oggi come presupposto generante di un ingranaggio culturale che oltrepassa i confini accademici.

Una tra queste è Margherita Grassini Sarfatti (Venezia, 1880 – Cavallasca, 1961), veneziana, proveniente dall’alta borghesia ebraica. Sposò all’età di 18 anni l’avvocato Cesare Sarfatti, che le aprì le porte della società e del mondo intellettuale. Con lui si circondò di amicizie importanti a Milano e a Roma, che la misero in contatto con politici e  artisti del calibro di Sironi, De Chirico, Campigli, e molti altri. Scrittrice, critica d’arte, amante del collezionismo, la Sarfatti preconizzò il cambiamento di rotta dell’arte avviando una sua particolare ricerca nella raccolta di opere pittoriche, in qualità di curatrice e collezionista.

Come Ada Negri, Anna Kulishov, Matilde Serao, ebbe il coraggio e l’intelligenza per porsi come vivace alterità al maschilismo dominante della élite intellettuale italiana che precede e segue la seconda guerra mondiale.

Attraverso questa mostra, curata da Fabio Bensi e che vede raccogliere opere del periodo in questione, riscopriamo la figura di una protagonista della cultura d’avanguardia, amica di Marinetti, di Balla, di de Chirico e autrice di una delle più importanti biografie di Benito Mussolini, DUX del 1926, di cui lei fu amante e arguta consigliera, di cui possiamo vedere una copia esposta.

Il suo volto, ritratto da Sironi ma anche da Boccioni, De Chirico, scolpito da Adolf Wildt, è fisso nella memoria di coloro che ebbero modo di incontrare la sua dirompente personalità, oggi raccontata in un interessante catalogo edito da Silvana Editoriale con testo critico di Rachele Ferrario e prefazione di Corrado Augias, e che raccoglie la ricca collezione di arte moderna della Sarfatti, in parte esposta alla galleria Russo, insieme ad altre opere tra dipinti e sculture. Tra le 50 opere in mostra ammiriamo artisti del calibro di Medardo Rosso, Umberto Boccioni, Mario Sironi, Adolfo Wildt, Gino Severini, Achille Funi, Anselmo Bucci e Pietro Marussig.

Premetto che ebbi modo di vedere poche settima fa un interessante documentario su Rai Storia dedicato alla Sarfatti. Attraverso la narrazione della sua vita romanzata, si racconta la storia dell’Italia e dei suoi protagonisti. Ironia della sorte, forse, ritrovare oggi quel nome richiamato sui palinsesti della galleria Russo. Di certo Margherita Sarfatti è una donna meritevole di attenzione. Intelligente, di elevata cultura, dal carattere aspro ma determinato, audace e moderna, dominatrice della scena e dei salotti culturali su cui splendeva come stella fulgida oscurando le sue amiche rivali, intellettuali anch’esse di grande rilievo, critiche nei confronti della sua concezione di donna libera e indipendente. Partecipò a movimenti femminili e a gruppi filantropici. 

Fu direttrice della la rubrica d’arte de “l’Avanti” e fondò nel 1922 il “Gruppo del Novecento” con  Mario Sironi e altri artisti.  Ebbe tante conoscenze influenti che rivaleggiarono col suo talento di accentratrice della cultura. Sostenne il “Futurismo” e Marinetti, di cui ammirava l’eleganza, fu amica di Balla, di Boccioni e di Sironi. 

Ebbe grande influenza su Benito Mussolini, conosciuto nella sede dell’Avanti a Milano dove dirigeva la rubrica d’arte, di cui fu amante e consigliera. Sedotta dall’idee del fascismo fu infatti protagonista insieme a Mussolini nel forgiarne l’ideologia, ma se ne allontanò quando degenerò nella promulgazione delle leggi razziali, di cui fu vittima e pertanto costretta all’esilio, riparando in Francia e in Argentina. Le sue idee socialiste, il ruolo di rilievo nel fascismo, la sua posizione politica venne contestata dagli avversari e al suo rientro a Roma, nel 1947, fu messa in ombra, relegata a figura marginale. Oggi la sua persona è riabilitata dalla storia come grande intellettuale, scrittrice e storica dell’arte, una delle prime in Europa.

Riemerge quindi la figura di una tra le protagoniste del ventennio. Ma sono tante coloro che attendono di essere riscoperte. Donne di alta cultura, di forte personalità, volitive, forse più degli uomini che ne ammiravano e ne temevano la determinazione. Donne che dominavano il mondo culturale accentrando nei loro salotti, a Miilano, a Roma così come a Napoli, artisti ed intellettuali di fama internazionale. Donne che ebbero modo, come la Sarfatti di influenzare anche il pensiero dei grandi politici del loro tempo.

 


lunedì 12 ottobre 2020

“Acqua, acqua, acqua” mostra personale di pittura di Gerardo Marazzi alla galleria Spazio 40 di Roma


di Rosa Orsini

L’“Acqua” come elemento primordiale, fisso e mutevole, favorevole o avverso, colto nella discontinuità espressiva della sua potenza, assume forma e significato nel connubio tra arte pittorica e poesia, punto di partenza e approdo della mostra personale di Gerardo Marazzi. Dai versi futuristi della poesia “Acqua” di Carlo Belloli, l’artista romano trova libera ispirazione per realizzare le sue recenti opere pittoriche, esposte fino al 15 ottobre alla galleria Spazio 40 di Roma. 

Sono parole svincolate dalle regole, lasciate fluire liberamente. Parole che creano un rapporto sinestetico tra immagini e suoni, ripetuti e cadenzati, che ritornano nella mente come una antica filastrocca, aggregando tra loro i significati profondi dei nostri ricordi più cari. La lettura di questi versi  sospinge  la forza creatrice di Marazzi che riversa sulla tela le sensazioni di un processo emotivo evocato dagli elementi e che riconduce al titolo della mostra.

Ma se da un lato l’elemento naturale pone le basi della creazione artistica, dall’altro esso appare dominato dalla parte più inconscia del pensiero umano, quella che dalla percezione dei sensi arriva alla profondità dell’animo.

l'artista Gerardo Marazzi

“Dinamica evocativa” è la definizione scelta da Marazzi per descrivere il frutto della sua ricerca artistica, legata al ricordo e all’emozione. Nei suoi quadri l’immagine dipinta sulla tela diviene termine di relazione tra soggetto-artista e soggetto-osservatore, trasmettendo a quest’ultimo l’effetto emozionale fissato dal ricordo di un viaggio, fisico o emotivo, dipeso da un stato di contemplazione, momentaneo o duraturo, della natura che ci avvolge nel suo alveo. Il viaggio come metafora della vita ci lega al comune sentire e si arricchisce di sfumature, di cromie, crea un rapporto sinestetico, un continuo rimando o un processo di evocazione che rivela l’essenza del soggetto dipinto, nella sua forma figurata oppure nell’idea astratta.

L’arte di Marazzi è quindi sintesi di una percezione sensoriale a tutto tondo che rievoca odori, suoni, materia, e che l’artista raccoglie attraverso il linguaggio  della pittura.

Ci parla attraverso il colore. Sono cromie attinte dall’osservazione della natura, viva e vitale, in movimento crescente, al culmine della sua potenza. In questo contesto l’acqua predomina come elemento in divenire, fisso e immobile a suggerire la quiete, oppure sospinto dai venti fino a prevalere dirompente su paesaggi incontaminati, tale da risucchiare in un vortice la vita al suo interno. Marazzi coglie nei contrasti tonali la relazione tra gli elementi, creando un equilibrio compositivo dove le tinte accese sono stemperate da tonalità più tenui offrendo un forte contrasto cromatico, e dove il nero dialoga col suo opposto, il bianco assoluto. Come i colori, anche gli elementi della natura interagiscono vivacemente: aria e vento sospingono onde gigantesche, la luce accende di riflessi il flusso delle cascate. Contempliamo la mutazione e non l’immobilità, l’elemento che si trasforma, accresce di forza e vigore trascinando con sé tutto ciò che lo circonda e lo pervade, per ritornare infine alla calma e alla serenità.

Un processo alchemico, afferma Marazzi, riferito alla mutazione degli elementi. Suggestione di antiche letture che partecipano dell’idea artistica e che riflettono anche i versi di una poesia di Marazzi  “il Lago” commentata dal critico Carlo Fucarelli, che contribuisce a rafforzare il processo unificatore tra pittura e versi.




Lungo il percorso espositivo assistiamo ad una sequenza di opere pittoriche di forte impatto visivo. Si arricchisce nel proseguo di quadri ispirati ad un viaggio in Cina, dove l’artista riversa le atmosfere dei paesaggi orientali. Interconnessione e compartecipazione di dinamiche sensoriali che Marazzi coglie nei suoi viaggi sapientemente rievocati sulla tela grazie alle suggestioni cromatiche dei colori pastello e dell’oro che colorano i cieli segnati dal volo di splendidi uccelli. La mostra ci propone nella sua interezza una personale rappresentazione della natura di grande forza emozionale, che racchiude il presente e il passato creativo di Gerardo Marazzi.








martedì 29 settembre 2020

mostra bipersonale di pittura con Stefano Sesti e Stefania Floridi a IL LABORATORIO di Trastevere a Roma

 

Lo Spazio espositivo

Il Laboratorio

Via del Moro 49, Roma (Trastevere)

presenta

la mostra bipersonale  

con opere pittoriche

di

Stefano Sesti

 Stefania Floridi

 dal 6 all’11 ottobre 2020

apertura tutti i giorni dalle ore 11,00 alle 23,00

Vernissage giovedì 8 ottobre 2020, ore 17,00

 

 

Lo spazio espositivo “Il Laboratorio” in Trastevere, a Roma, inaugura il prossimo 6 ottobre una mostra bipersonale di pittura che vede protagonisti i due artisti romani Stefano Sesti e Stefania Floridi.

Una mostra di opere dalle sfumature e dai caratteri distinti che evidenzia le innumerevoli varianti espressive della tecnica pittorica, che dall’espressionismo astratto di Stefano Sesti conducono, in un percorso espositivo acceso e colorato, alla figurazione naturalistica della Floridi.

I due stilemi, i due linguaggi e le singole personalità degli artisti sono contemporanei al nostro sentire, alla nostra quotidiana esistenza, e se da un lato indagano il sentimento e il senso di inadeguatezza dell’uomo nella società,  dall’altro recuperano il significato autentico del vivere quotidiano puntando l’obiettivo su oggetti comuni resi protagonisti assoluti di uno spazio compositivo ben equilibrato.

La produzione artistica di Stefano Sesti si concentra su una serie di quadri dai contenuti astratti, dai soggetti sferici realizzati in smalto e acrilico che prefigurano il senso simbolico di una dimensione di conflitto tra l’uomo e il suo inconscio, espressa nel desiderio e nel simultaneo rifiuto-avversione di un legame interpersonale, tra l’uno e il molteplice, e che coinvolge nel suo profondo sentire il rapporto tra l’essere individuo e l’io.

Stefania Floridi da parte sua, più legata alla dimensione reale o realistica, anche se presente con opere astratte, dà voce alle cose, caricandole di significati, di calore, di vita. È un viaggio che ci riporta al ricordo dell’attimo legato ad un oggetto che appartiene al nostro vissuto. Sono nature morte, scenografiche presenze nella nostra esistenza disposte in ordine, in attesa.  La materia prende forma, assume significato, è oggetto-simbolo dei nostri gesti nascosti dietro la narrazione pittorica.

Astratto e figurativo fanno da contraltare in questo singolare gioco visivo di opere dai caratteri decisamente distanti, apparentemente isolati, ma che si  rivelano espressioni di un’alterità della nostra esistenza. I due artisti ci invitano ad entrare nel loro mondo, a ricercare le emozioni che hanno ispirato le loro opere, per ritrovare una comune appartenenza, tanto nella reminiscenza come nell’analisi dell’inconscio emotivo, dove tutto apparentemente distinto percepito come unicità del singolo si rivela comune agli altri individui.  

Sono due dimensioni che si incontrano e si affacciano al di fuori del loro alveo creativo, foriere di stimoli emozionali.  Lo spettatore è chiamato quindi a porsi su un piano contemplativo che non esclude una profonda partecipazione emotiva, nell’intento di decifrare i significati reconditi e simbolici  superando la lettura semplicistica dei soggetti.  

La mostra avrà luogo fino all’11 ottobre, seguendo le disposizioni di sicurezza imposte dalle norme anti-covid. Verranno quindi rispettati i distanziamenti e gli ingressi contingentati al fine di permettere la visione nella mostra nella piena sicurezza per la salute.

 

Ufficio stampa

Rosa Orsini

e-mail rosa.orsini@tiscali.it cell 340 4562227

Biografie:

Stefano Sesti nasce a Roma. Il padre Mario, artista, pittore e poeta ed il nonno materno, il pittore Giuseppe Bazzano, lo avviano, sin dagli anni giovanili, all'arte ed in particolare alla pittura. Stefano frequenta il liceo artistico a Roma ed accresce la sua preparazione anche in altre forme d'espressione, con l'aiuto di esponenti del mondo della cultura e dell'arte, quali il maestro Mario Russo, presso il cui studio approfondisce la tecnica coloristica, e la pittrice Maria Teresa Consolini, allieva del M° Giacomo Balla. Dal 1980 anche la fotografia entra a far parte del suo bagaglio artistico.

Dal 1997 è protagonista di numerose mostre presso gallerie d’arte italiane. Tra le ultime mostre citiamo quelle realizzate a Roma alla  Galleria D’Arte “IL TRITTICO ARTE” (2010); alla Galleria D’Arte “PENTARTE” (2010); alla Galleria D’Arte “IL TRITTICO ARTE” (2010); presso il Centro Culturale Camponeschi (2012 e 2013); allo Spazio Espositivo IL LABORATORIO (2014.); alla Galleria D'Arte “STEFANO SIMMI” (aprile e luglio 2015). Nel 2019 ha esposto a Roma a Palazzo Spinola con la mostra “Meditazione”  riproposta alla galleria Arte Sempione  e alla galleria Virusart con la mostra “Rinascita”.

 

Stefania Floridi vive e lavora a Roma, dove ha conseguito il diploma al Liceo Artistico nel 1976. Ha proseguito gli studi artistici presso l’Accademia di Belle Arti della capitale diplomandosi nel 1981. Fin dagli anni dell’Accademia si è messa in luce tanto da essere prescelta per esporre, come cita il “Paese Sera” nel maggio del 1980, nel gruppo degli studenti appartenenti ai corsi di scultura e pittura dei professori GRECO e TROTTI, a Piazza del Popolo, ospiti della Galleria “L’Agostiniana”, muro a muro col Caravaggio. Da allora sono numerose le mostre collettive e personali a cui ha partecipato in Italia e all’estero, ottenendo un costante consenso e un forte interesse da parte dei critici.

Tra le ultime mostre realizzate nel 2020: Mostra permanente presso la Galleria d'Arte "La Fenice" di ANZIO (RM); Mostra virtuale permanente presso "DIMENSIONE ARTE", Galleria virtuale d'Arte Contemporanea; Mostra permanente presso lo Spazio Espositivo "Balian" di Roma; Esposizione permanente presso "Equilibriarte", Galleria d'Arte Contemporanea. Nel 2019 è presente con la "Mostra d'arte" alla Galleria"Il Laboratorio" di Roma.

 

 

 

 

lunedì 14 settembre 2020

Mutatio naturae - mostra personale di Pasquale Simonetti a La Pigna di Roma


Giovedì 17 settembre la galleria La Pigna di Roma Inaugura la mostra personale dello scultore Pasquale Simonetti

cita il comunicato stampa:



L’opera di Pasquale Simonetti si snoda attraverso una profonda conoscenza dei materiali impiegati e della Natura, con la quale, l’artista condivide espressioni e forme. Il legno di rovere, ciliegio, pioppo, la radica di noce divengono, nelle sapienti mani dell’artista, materiali d’eccellenza per plasmare figurazioni suggestive e di forte impatto visivo. La celebrazione è sicuramente la vita e l’ininterrotto ciclo dell’esistenza, che inizia già con la scelta del materiale: il legno. Quest’ultimo, infatti, metaforicamente annuncia la rinascita con le primaverili gemme, ma trae la sua forza dall’acqua, e, secondo una successione continua e perfetta, genererà, infine, il fuoco. Dunque, gli elementi primari coesistono nel legno, essendo parte essenziale d’esso e questa sacralità ancestrale del “tutto in uno”, è esperita dall’artista nell’elaborazione di forme suggerite, evocate, che, a volte, travalicano la realtà e propongono fatture e profili più vicini alla visione che al reale.
(Antonella Nigro)


domenica 6 settembre 2020

UNBREAKABLE: WOMEN IN GLASS - Fondazione Berengo Art Space


 UNBREAKABLE:

WOMEN IN GLASS

A cura di Nadja Romain & Koen Vanmechelen

05 SETTEMBRE 2020 - 07 GENNAIO 2021

Fondazione Berengo Art Space

Campiello Della Pescheria, Fondamenta dei Vetrai, Murano

Organizzato da Fondazione Berengo


Fondazione Berengo  presenta UNBREAKABLE: WOMEN IN GLASS, una mostra che riflette il valore delle artiste che hanno scelto il vetro quale mezzo espressivo per la realizzazione delle proprie opere.

Caratterizzata da una prestigiosa selezione di oltre sessanta artiste provenienti da Europa, Stati Uniti, America Latina, Iran e Corea del Sud, UNBREAKABLE: WOMEN IN GLASS è un omaggio al lavoro visionario di autrici che, in quanto donne, continuano spesso ad essere relegate a un ruolo marginale nel mondo dell’arte.

La mostra ha sede nel cuore di Murano all’interno della Fondazione Berengo Art Space. Questo spazio espositivo è costituito da una fornace in disuso che, grazie alla sua caratteristica ambientazione di tipo archeologico industriale, diventa lo sfondo ideale per presentare al pubblico opere provenienti dall’archivio di Berengo Studio, insieme a nuovi lavori creati appositamente per questo evento.

“UNBREAKABLE: WOMEN IN GLASS è allo stesso tempo una metafora, un paradosso e un simbolo. Una proposta provocatoria di Adriano Berengo per esplorare il rapporto che le donne hanno con il vetro nel cuore di Murano” dichiara la curatrice Nadja Romain.

Il curatore Koen Vanmechelen sottolinea come sia “arrivato il tempo di ricorrere a icone mitiche - opere d'arte fonte di ispirazione firmate da donne - in modo che la storia non possa più essere defraudata. L'invisibilità e la trasparenza del vetro danno forma a una nuova generazione che provvede a guarire le cicatrici della storia".

La mostra sarà accompagnata da un catalogo che include testi critici di Susan Fisher Sterling, Direttrice del National Museum of Women in the Arts di Washington, D.C. Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, Agnes Husslein-Arco, ex direttrice del Museo del Belvedere di Vienna e membro del Consiglio d’Amministrazione del Leopold Museum, Jean Blanchaert, artista, frequente collaboratore di Berengo Studio e curatore dell’edizione 2018 di Homo Faber, Koen Vanderstukken, docente presso lo Sheridan College di Oakville, Canada, Lino Tagliapietra, leggendario maestro vetraio e Rosa Barovier Mentasti, importante studiosa del vetro veneziano.

giovedì 27 agosto 2020

Presentazione del 2 numero del Catalogo Artisti in Campo a Ostia

 

Ostia "Tratti femminili" nel Chiostro del municipio


Seconda stagione della rassegna organizzata da Elisa Palchetti per il X municipio; sette serate tra musica, teatro, letteratura e cinema.
Il 28 agosto, in seno alla giornata dedicata all'editoria, tra le ospiti anche Rosa Orsini con il catalogo Artisti in Campo. appuntamento ore 20,30
ingresso libero


mercoledì 24 giugno 2020

Presentazione del 2 numero del catalogo d'arte Artisti in Campo alla galleria La Pigna di Roma



In occasione del Vernissage della mostra collettiva
“L’arte come rappresentazione di ideali irraggiungibili”

Presso la Galleria La Pigna di Roma


Orsini Pubblicazioni Arte Contemporanea
Associazione culturale per la diffusione dell’Arte e l’Editoria
 presenta
Artisti in Campo
Catalogo di Arte Contemporanea

a cura di Rosa Orsini

venerdì 26 giugno 2020
dalle ore 17:00 alle ore 20:00

Galleria La Pigna
Palazzo Maffei Marescotti
Via della Pigna 13a, Roma





Orsini Pubblicazioni Arte Contemporanea, Associazione culturale per la diffusione dell’Arte e l’Editoria, presenta il secondo numero di Artisti in Campo, Catalogo di Arte Contemporanea. La presentazione avviene in concomitanza col Vernissage della mostra collettiva  “L’arte come rappresentazione di ideali irraggiungibili” nei locali della galleria La Pigna di Roma.
L’opera a cura di Rosa Orsini, critico e curatore d’arte nonché presidente dell’associazione culturale che edita la pubblicazione, segue la precedente del marzo 2019. Raccoglie al suo interno 8 profili di artisti italiani. I testi critici,  accurati e puntuali nella descrizione degli stilemi e dei singoli percorsi artistici, nascono da incontri ed interviste con esponenti di rilevo del panorama culturale italiano ed internazionale.
Un lavoro di ricerca e di indagine all’interno dell’universo artistico per comprendere lo stato dell’arte ed offrire al pubblico una cognizione tecnica e critica dei protagonisti del nostro tempo.
Scrive la Orsini nella prefazione del catalogo:
In questo secondo volume l’attività artistica appare come non mai collegata alla
rappresentazione della realtà. Plasmata dall’ambiente percettivo e culturale in cui si muove,
l’arte nella sua funzione simboleggiante è un progetto di osservazione della natura, ma nella
moderna concezione dell’essere fa appello a nuovi significati individuati negli oggetti osservabili.
L’arte, basata sull’evoluzione cognitiva del senso estetico, diviene quindi produttrice di simboli,
di forme e colori, volumi e masse adoperati per indicare una qualsiasi realtà, situazione o
stato d’animo, che l’artista consideri significativo di attenzione. Indispensabile quindi risalire
ad una psicologia dell’arte che fa appello alla personalità dell’artista, alle sue caratteristiche
motivazionali, emotive e attitudinali. Ma pur osservando i diversi e molteplici meccanismi
percettivi e visivi, e i processi creativi edificati sull’immaginazione o governati dalla memoria, ci
appare evidente come l’attività produttiva nell’arte risulti inequivocabilmente rappresentativa e
simbolica della natura, la quale rimane il campo della sua ricerca.
In questo numero la Orsini apre la pubblicazione con una lunga intervista a Franco Mulas, artista romano di grande levatura, dove si ripercorre la sua lunga carriera, costellata di successi e dettata da una grande passione per la pittura, sempre pronta ad assecondare nuovi impulsi creativi.
Si prosegue con un testo dedicato all’artista calabrese Natino Chirico, protagonista a Roma lo scorso febbraio alla “galleria Fidia”con una personale pittorica di grande fascinazione dominata da caleidoscopici lavori su tela, con cui omaggia il grande regista Federico Fellini di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. Un tributo che ha visto luce lo scorso novembre in Argentina dove Chirico ha presentato e donato alcuni dei suoi lavori all’Istituto Culturale Italiano.
Presenti testi critici dedicati gli artisti romani Stefano Sesti, che ha aperto la stagione autunnale con una serie di lavori astratti di grande pathos emotivo,  e Valeria Faillaci, le cui opere  pittoriche, che indagano il mistero dell’uomo e dell’universo sono viaggi onirici verso mondi sconfinati.
Si aggiungono i testi su Giovanni Franceschetti, che con le sue sculture alchemiche indaga il tema dell’archetipo, e su Massimo D’Aiuto, talentuoso scultore dal linguaggio moderno, che ci regala nuove emozioni sensoriali con i suoi profili scultorei. Franca Asciutto ci delizia con sorprendenti disegni dalla struttura complessa dove primeggiano campiture architettoniche di fantasiose città utopistiche e surreali.
Il catalogo si conclude con una intervista a Tito, artista e religioso scomparso nel 2018, incontrato dalla Orsini nel 2017, per una delle sue ultime interviste, forse addirittura l’ultima concessa nel suo studio situato all’interno di un importante complesso architettonico nel quartiere di San Giovanni, a fianco della Scala Santa, dove ha fondato la galleria Sala 1.


lunedì 25 maggio 2020

L’UTOPIA DI VAN GOGH Mostra personale di pittura di Giulia Sargenti



L’UTOPIA DI VAN GOGH

Mostra personale di pittura
di
Giulia Sargenti

Dal 5  al 12 giugno 2020



Galleria Simmi
Via dei Soldati n. 27- Roma
www.galleriadartesimmi.it
tel. 06 6875613- 06 68803783

Il 5 giugno 2020 la galleria Simmi di Roma ha  inaugurato la mostra “L’Utopia di Van Gogh” di Giulia Sargenti. Seconda  personale dell’artista romana che per l’occasione ha  presentato al pubblico un corpus di nove opere pittoriche sulle quali traspone la sua personale visione dell’esistenza drammatica del famoso pittore. 
“Questo progetto nasce da una riflessione su una parola e il collegamento con un artista. La parola è utopia e l’artista è Vincent Van Gogh” dichiara.
Un lavoro impegnativo, maturato nel corso del 2019, che l’ha vista confrontarsi con uno dei più importanti maestri dell’arte moderna. Riflettendo sulla vita dell’artista, Giulia analizza la dimensione utopica desiderata da Van Gogh, vissuta come esperienza, purtroppo fallimentare, del suo soggiorno in Provenza (1888-1889) che si riflette nel suo ambiente e nelle amicizie, prima di tutto quella con Gauguin.

Giulia mette in atto una continuità di pensiero con il tema dell’utopia che contraddistingue l’apice e la caduta del genio olandese, dove l’identificazione con l’ideale è ragion d’essere, condizione idilliaca per lenire le sue sofferenze umane ed esistenziali.
L'artista romana Giulia Sargenti

Dai sei pannelli in depron alle tre tele ad olio assistiamo ad un’analisi speculativa che si sviluppa di quadro in quadro, che innesca nuovi linguaggi e contenuti formali, e che partendo dalla una interpretazione emozionale dei famosi “girasoli”, senza cadere in una retorica del soggetto o in una banale riproduzione visiva, approda ad una figurazione più ragionata, che diviene narrazione drammatica del vissuto del pittore olandese, e che incrocia l’esperienza personale della Sargenti.
In questo processo meditativo si innesca quindi in primo luogo il tentativo di dare una nuova chiave di lettura ai famosi “girasoli”, la cui fascinazione è da attribuire al magnetismo cromatico ripreso dall’arte nipponica, che aveva conquista l’occidente con i bellissimi “ukiyo-e” .
Per la realizzazione dai sei pannelli in depron che vanno a formare il ciclo “Omaggio a Vincent”, Giulia riprende come soggetto di base le più famose versioni realizzate da Van Gogh, proprio durante il suo soggiorno in Provenza: dalla versione distrutta durante il bombardamento di Ashiya Nishomiya durante la seconda guerra mondiale a quelle ospitate al Sompo Japan Museum of Art di Tokyo e alla National Gallery di Londra. Riconosciamo il “Vaso con dodici girasoli” del Neue Pinakothek di Monaco di Baviera e la versione del Philadelphia Museum of Art. Infine la versione più famosa dei girasoli oggi al Van Gogh Museum di Amsterdam.

Il girasole diviene metafora della vita. Giulia recupera il soggetto “icona”, conferendo un senso tragico e drammatico che possiamo leggere nel suo linguaggio pittorico, contemporaneo ed estemporaneo, dove le colature in basso esprimono la caducità dell’esistenza umana e la fragilità dei valori.
Ispirazione ed interpretazione sono quindi alla base della produzione pittorica .
La tela "God only knows (Le iris)" è evidentemente ispirata al “Vaso con iris”, ma il significato del fiore, originariamente simbolo di vita, si mescola con il senso della morte e della rinascita. La narrazione passa allora attraverso la vicenda della mutilazione con "Il martirio di Van Gogh", liberamente ispirato all’“Autoritratto con orecchio bendato”, nel quale Vincent descrive sé stesso come martire della pittura. 

Giulia raccoglie gli elementi salienti della figurazione in un impianto scenico dove i girasoli perdono consistenza, sono massa informe di colore nel vuoto. Analoga rappresentazione si compenetra con il tema della fine dell’amicizia, riflettuta da Paul Gauguin nella “Nature morte à L'Espérance” del1901, da cui Giulia parte per realizzare “L’espérance (i girasoli di Gauguin)”.
  “L’Utopia di Van Gogh” è quindi pretesto di una ricerca artistica che indaga la dimensione psichica e sociale del pittore, non solo l’artista ma soprattutto l’uomo, tormentato e inquieto. Colui che nel cuore dei suoi anni non ha più il coraggio di reagire alle delusioni, assurge a martire della sua umana fragilità.

I MUSEI VATICANI RIAPRONO AL PUBBLICO