Paesaggi irreali, costrutti mentali di periferie urbane, visioni utopiche. L'artista immagina e dipinge la realtà che ci circonda
(testo Rosa Orsini)
Verena d'Alessandro, fotografa e pittrice romana, ha deciso di presentare i suoi lavori incentrati sulle periferie suburbane alla galleria “Preferiti” di Roma nella bipersonale intitolata “Città nude”. In programmazione fino alla fine di marzo, la mostra, curata dalla gallerista Carla Mazzoni, si profila come un attento accostamento di due generi pittorici che mette a confronto il modo di rappresentare il paesaggio urbano spogliandolo dell'elemento umano.
Pertanto le città nella loro diversa declinazione artistica assumono un'identità personale e distinta, un'intima accezione all'espressione visiva concepita dal singolo artista. Se da un lato i paesaggi classici della Roma barocca, che emergono dai riverberi di luce e dai tramonti color pastello dipinti da Sandro Bini, cullano il nostro animo romantico, dall'altro le atmosfere cupe e silenziose della periferia suburbana, irreale ed idealizzata, riprodotta intorno agli snodi ferroviari, le cisterne e i viadotti che abitano le periferie, si presentano come tele di forte impatto visivo, dalle tonalità intense e a volte inquietanti. Sono queste le opere di Verena d'Alessandro.
Verena d'Alessandro, fotografa e pittrice romana, ha deciso di presentare i suoi lavori incentrati sulle periferie suburbane alla galleria “Preferiti” di Roma nella bipersonale intitolata “Città nude”. In programmazione fino alla fine di marzo, la mostra, curata dalla gallerista Carla Mazzoni, si profila come un attento accostamento di due generi pittorici che mette a confronto il modo di rappresentare il paesaggio urbano spogliandolo dell'elemento umano.
Pertanto le città nella loro diversa declinazione artistica assumono un'identità personale e distinta, un'intima accezione all'espressione visiva concepita dal singolo artista. Se da un lato i paesaggi classici della Roma barocca, che emergono dai riverberi di luce e dai tramonti color pastello dipinti da Sandro Bini, cullano il nostro animo romantico, dall'altro le atmosfere cupe e silenziose della periferia suburbana, irreale ed idealizzata, riprodotta intorno agli snodi ferroviari, le cisterne e i viadotti che abitano le periferie, si presentano come tele di forte impatto visivo, dalle tonalità intense e a volte inquietanti. Sono queste le opere di Verena d'Alessandro.
Verena d'Alessandro è
un'artista che ha sperimentato nel corso della sua carriera varie
fasi creative, partendo dalla fotografia reportagistica per giungere
ai linguaggi espressivi della pittura ad olio, magistralmente stesa
con l'uso della spatola. Una tecnica a cui è approdata, casualmente,
dopo avere provato la tempera e l'acrilico, e che ritiene più
consona al suo modo di dipingere, al suo stile e alla sua indole.
L'influenza di Hopper, pittore al quale guarda con ammirazione, (“i
nottambuli” è uno dei suoi quadri preferiti) contamina le sue
prime opere figurative che risentono ancora dell'approccio
accademico. I piccoli ritratti di persone in azione, colti
inizialmente da uno scatto fotografico, hanno poi lasciato il posto
alle vedute paesaggistiche informali ed irreali degli ultimi anni. La
solitudine e una malinconia di fondo connotano i suoi lavori, dove
l'uso del colore è sfumato, spesso ridotto alla scelta di poche
nuances tonali, ad una tricomia sapientemente mescolata che riesce
appieno a produrre l'effetto visivo di un'atmosfera ovattata e
silenziosa, di un luogo ideale e irreale “per certi versi sacro
e solenne”.
Forte quindi
dell'esperienza come pittrice e fotografa, a cui ha affiancato
l'attività didattica come docente universitario, e di una solida
formazione raggiunta approfondendo studi umanistici, dalla facoltà
di Lettere Moderne alla Sapienza alla specializzazione in Sociologia
dell'Arte e della Cultura all'Ecole des Hautes Etudes di Paris, oggi
Verena d'Alessandro ha raggiunto appieno quella maturità artistica
che ritroviamo nei suoi lavori e da cui emerge una grafia fluida e
nitida che contraddistingue il suo stile, come la contraddistingue la
scelta dei paesaggi come soggetto preferito. I suoi lavori sono
frutto di una singolare capacità rielaborativa dei luoghi della sua
memoria nonché di quella collettiva, creata dalle sedimentazioni
mediatiche, che rievoca attraverso un approccio immaginifico.
L'intento dell'artista è quello di rimandare alle atmosfere tipiche
di un luogo reale, seppur irreale nella declinazione artistica, senza
ricercare, tramite una riproduzione precisa e particolareggiata, la
verosomiglianza dello stesso; di riuscire quindi a cogliere
l'atmosfera che immagina essere tipica di quel paesaggio in maniera
molto sintetica, senza attenzione al dettaglio. La pittura della
d'Alessandro non aspira a farsi riproduttrice fedele della realtà
bensì a trasmettere emozioni, seppur a volte forti e inquietanti,
purché capaci di dare quel fremito emotivo a chi le osserva. I suoi
paesaggi, dove il silenzio trionfa imperante, dove l'assenza
dell'uomo è fortemente voluto, sono finestre su orizzonti
sconfinati, visioni immaginarie di larghe distese di ghiaccio, di
vette innevate che sovrastano la landa brunita; sono evocativi di
luoghi, rimandano a immagini dai tratti quasi metafisici, che
oscillano tra realtà e fantasia (citiamo Bianco neve
e Ai piedi
del gigante realizzati del
2013, Scioglimento dei ghiacciai del
2014).
Paesaggi irreali,
quindi, costrutti mentali e visioni u-topiche, che si pongono al
limite tra reale e irreale. Così come sono irreali i paesaggi
ritratti nei quadri presentati in quest'ultima mostra i quali, seppur
dedicati alla periferia urbana e suburbana (Entrando in città
e Agglomerato
suburbano del
2007, Tempo
nero sull'autostrada del
2008), contengono i caratteri ricorrenti della suo
linguaggio pittorico, come l'elemento immaginifico, che fa del
paesaggio un luogo idealizzato, nonché il silenzio e la
desolazione, anche se qui la pittura assume tinte più cupe. Alla
costante presenza di una vena malinconica si aggiunge una critica al
progresso industriale che modifica e distrugge, deturpando le città
con elementi architettonici antiestetici, caratterista della nostra
contemporaneità che tutto toglie e nulla aggiunge alla primitiva
bellezza dei luoghi.
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