Una donna che condizionò il mondo della cultura e dell'arte, dominando la scena con la sua profonda intelligenza
Margherita
Sarfatti ritratta da Mario Sironi
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Il quadro ritrae il viso della Sarfatti immerso
nell’ombra dell’ampia tesa del cappello, su uno sfondo colorato da una morbida
cromia bruciata, che va schiarendosi per dar forma alla sagoma accennata dal
tratteggio. Il ritratto, così fedele all’originale tale da restituirci la
percezione del carattere intelligente e vivace, descrive la donna,
l’intellettuale, la collezionista, colei che seppe rappresentare l’universo
culturale femminile della prima metà del ‘900.
Un periodo difficile, dal punto di vista
politico, soffocato nel ricordo di un passato storico con cui l’Italia deve
fare i conti, a cui va riconosciuto nonostante tutto l’affermarsi di nuove
correnti artistiche, inizialmente contestate poi divenute rilevanti nella
storia dell’arte italiana. Parliamo delle avanguardie, in particolar modo del
futurismo, sostenute da personaggi di grande acume, lungimiranti, capaci di cogliere
nella modernità dei linguaggi il loro potere rivoluzionario nel modo di fare e
intendere l’arte.
Il ventennio vide infatti l’affermarsi
sul palcoscenico culturale di figure intellettuali di grande rilievo, che portarono
quel vento di cambiamento a cui l’arte contemporanea guarda oggi come presupposto
generante di un ingranaggio culturale che oltrepassa i confini accademici.
Una tra queste è Margherita Grassini Sarfatti
(Venezia, 1880 – Cavallasca, 1961), veneziana,
proveniente dall’alta borghesia ebraica. Sposò all’età di 18 anni l’avvocato
Cesare Sarfatti, che le aprì le porte della società e del mondo intellettuale.
Con lui si circondò di amicizie importanti a Milano e a Roma, che la misero in
contatto con politici e artisti del calibro
di Sironi, De Chirico, Campigli, e molti altri. Scrittrice, critica d’arte, amante
del collezionismo, la Sarfatti preconizzò il cambiamento di rotta dell’arte
avviando una sua particolare ricerca nella raccolta di opere pittoriche, in
qualità di curatrice e collezionista.
Come Ada Negri, Anna Kulishov, Matilde
Serao, ebbe il coraggio e l’intelligenza per porsi come vivace alterità al
maschilismo dominante della élite intellettuale italiana che precede e segue la
seconda guerra mondiale.
Attraverso questa mostra, curata da
Fabio Bensi e che vede raccogliere opere del periodo in questione, riscopriamo
la figura di una protagonista della cultura d’avanguardia, amica di Marinetti, di
Balla, di de Chirico e autrice di una delle più importanti biografie di Benito
Mussolini, DUX del 1926, di cui lei fu amante e arguta consigliera, di cui possiamo
vedere una copia esposta.
Il suo volto, ritratto da Sironi ma
anche da Boccioni, De Chirico, scolpito da Adolf Wildt, è fisso nella memoria
di coloro che ebbero modo di incontrare la sua dirompente personalità, oggi
raccontata in un interessante catalogo edito da Silvana Editoriale con testo critico di Rachele Ferrario e prefazione di Corrado
Augias, e che raccoglie la ricca collezione di arte moderna della Sarfatti, in parte
esposta alla galleria Russo, insieme
ad altre opere tra dipinti e sculture. Tra le 50 opere in mostra ammiriamo artisti
del calibro di Medardo Rosso, Umberto Boccioni, Mario Sironi, Adolfo
Wildt, Gino Severini, Achille Funi, Anselmo Bucci e Pietro Marussig.
Premetto che ebbi modo di vedere poche settima fa un interessante documentario su Rai Storia dedicato alla Sarfatti. Attraverso la narrazione della sua vita romanzata, si racconta la storia dell’Italia e dei suoi protagonisti. Ironia della sorte, forse, ritrovare oggi quel nome richiamato sui palinsesti della galleria Russo. Di certo Margherita Sarfatti è una donna meritevole di attenzione. Intelligente, di elevata cultura, dal carattere aspro ma determinato, audace e moderna, dominatrice della scena e dei salotti culturali su cui splendeva come stella fulgida oscurando le sue amiche rivali, intellettuali anch’esse di grande rilievo, critiche nei confronti della sua concezione di donna libera e indipendente. Partecipò a movimenti femminili e a gruppi filantropici.
Fu direttrice della la rubrica d’arte de “l’Avanti” e fondò nel 1922 il “Gruppo del Novecento” con Mario Sironi e altri artisti. Ebbe tante conoscenze influenti che rivaleggiarono col suo talento di accentratrice della cultura. Sostenne il “Futurismo” e Marinetti, di cui ammirava l’eleganza, fu amica di Balla, di Boccioni e di Sironi.
Ebbe grande influenza su Benito Mussolini,
conosciuto nella sede dell’Avanti a Milano dove dirigeva la rubrica d’arte, di
cui fu amante e consigliera. Sedotta
dall’idee del fascismo fu infatti protagonista insieme a Mussolini nel forgiarne
l’ideologia, ma se ne allontanò quando degenerò nella promulgazione delle leggi
razziali, di cui fu vittima e pertanto costretta all’esilio, riparando
in Francia e in Argentina. Le sue idee socialiste, il ruolo di rilievo nel fascismo, la sua posizione politica
venne contestata dagli avversari e al suo rientro a Roma, nel 1947, fu messa in
ombra, relegata a figura marginale. Oggi la sua persona è riabilitata dalla
storia come grande intellettuale, scrittrice e storica dell’arte, una delle
prime in Europa.
Riemerge quindi la figura di una tra le
protagoniste del ventennio. Ma sono tante coloro che attendono di essere
riscoperte. Donne di alta cultura, di forte personalità, volitive, forse più
degli uomini che ne ammiravano e ne temevano la determinazione. Donne che dominavano
il mondo culturale accentrando nei loro salotti, a Miilano, a Roma così come a
Napoli, artisti ed intellettuali di fama internazionale. Donne che ebbero modo,
come la Sarfatti di influenzare anche il pensiero dei grandi politici del loro tempo.