Immaginiamo di
svegliarci una mattina e trovarci proiettati come per incanto in
un’epoca lontana. Viaggiatori inconsapevoli su un’ipotetica macchina per il
tempo regolata su una data ben precisa, siamo catapultati nostro malgrado nel
periodo dell’età augustea, l’età dei cesari, quando Roma al culmine del suo
potere politico e militare celebrava i fasti della sua potenza. Roma, un agglomerato urbano di un milione di
abitanti, ben progettata e costruita per
dar lustro alla sua fama di città imperiale di fronte alla quale tutti gli
altri popoli si devono inchinare. Insomma l’immagine che ci hanno trasmesso i
libri di storia e che ci viene
riproposta nei film in costume, che ci ha fatto sognare, fantasticare, e che noi romani, immersi nei meandri di una
città moderna, caotica e disordinata, sporcata dai fumi inquinanti dei gas di
scarico delle macchine, imbrattata e sfregiata dai vandali di quartiere,
scorgiamo distratti tra i ruderi delle vestigia antiche che emergono
timidamente dagli spazi recintati.
Cosicché, dismessi pantaloni e maglietta, indossiamo
una semplice tunica di stoffa su cui avvolgiamo la toga, una veste di lana bianca,
ampia e magnifica. Così conciati possiamo camminare inosservati tra la gente
dell’urbe. Immaginiamo di percorrere
sotto i caldi raggi di un sole primaverile le grandi strade consolari,
lastricate con enormi massi di marmo squadrato nell’ora in cui il passaggio dei
carri e delle bighe le rende caotiche e trafficate.
Ci affacciamo meravigliati sulle esedre abbellite
dalle fontane zampillanti acqua cristallina e dalle statue di marmo che
riproducono soggetti pagani. Continuiamo sereni la nostra passeggiata e attraversiamo i fori oltrepassando gli archi
di trionfo. Le mura delle case circostanti, disposte a più livelli come piccoli e affollati condomini, sono
abitate dalle classi povere della città. Queste palazzine fatiscenti, chiamate
insulae, ben differiscono dalla domus che rappresenta invece l’abitazione del
ceto più ricco. Mossi da un’insolita
curiosità decidiamo di addentrarci nelle
atmosfere più intime e familiari dei nostri illustri antenati ed entriamo nelle
loro case per scoprire come si viveva nell’antica Roma.
La domus romana era molto raffinata, arricchita da splendidi
affreschi riproducenti scene mitologiche, paesaggi oppure semplici figure
geometriche, dai colori giallo ocra, azzurro, rosso su sfondo nero e verde mela.
Le case non avevano molti mobili per cui erano gli affreschi, insieme alle
statue, alle colonne e alle suppellettili a dare lustro agli ambienti.
Vi si
potevano trovare qualche armadio a muro e piccoli bauli dove venivano riposte
le cose. I pavimenti in marmo policromo formavano
degli splendidi disegni che differivano a seconda dell’importanza della stanza,
ad esempio il triclinium ossia la sala da pranzo era decorato con i mosaici
più belli. Il soffitto era fatto di
legno a cassettoni (lacunari) intarsiati o decorati con stucchi e le poche finestre che davano sulla strada erano
ridotte a piccole e strette feritoie per evitare l’ingresso dei
ladri. Le stanze che si affacciavano
direttamente sulla strada erano solitamente affittate a terzi per essere
adibite a negozi o botteghe artigiane ed erano
denominate tabernae La domus era costruita
in mattoni e calcestruzzo su una base rettangolare, spesso su unico
piano e si componeva di diversi ambienti raggruppati intorno al nucleo interno
ossia il peristilium. Un’idea di come poteva essere la tipica casa dei patrizi
romani ci è data dai ritrovamenti di Pompei i quali a causa della cenere e del
magma fuoriuscito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. che distrusse non solo Pompei
ma anche Stabia ed Ercolano, ci sono pervenuti intatti. Un’ottima ricostruzione
è quella che ci propone il video in 3D della Melbourne University che ho
inserito. Una riproduzione attenta e dettagliata degli ambienti e delle loro
funzionalità.
Ma andiamo per ordine e seguiamo il percorso ricostruito dal video.
Dall’ingresso principale, bipartito in vestibulum e fauces si accedeva all’atrium , la stanza più importante della casa perché era lì che venivano accolti gli ospiti di riguardo e i clienti che ogni mattina venivano a salutare il loro padrone secondo l’uso della salutatio. Un servo chiamato nomenclator li annunciava al suo padrone sussurrandogli il nome all’orecchio. Il ricco patrizio, in segno della sua benignità , faceva dono della sportula che inizialmente consisteva in un cesto di frutta e poi venne sostituita in una piccola somma di denaro che ammontava a soli 25 assi d’argento. Abbellito da splendidi affreschi e arredata con ampi divani e sedie,spesso con opere d’arte in bella mostra nonché statue di altissimo pregio, l’atrium aveva al suo interno una grande vasca rettangolare chiamata impluvium che raccoglieva l’acqua piovana che cadeva in perpendicolare dall’apertura del soffitto chiamata compluvium. L’acqua veniva raccolta in una cisterna sotterranea e alimentava la dotazione idrica della casa. In un angolo dell’atrium era collocato un piccolo altare votivo. Gli antichi romani veneravano i loro avi e molte divinità pagane pertanto ogni famiglia possedeva un lararium. Era un piccolo altare posto su un tavolo o una colonnina di marmo davanti al quale venivano fatte le preghiere e presentate le offerte ai propri geni tutelari chiamati lari, mani e penati, in cambio della loro protezione.
Dal’atrium si accedeva ai cubicula e alle alae.
Dall’ingresso principale, bipartito in vestibulum e fauces si accedeva all’atrium , la stanza più importante della casa perché era lì che venivano accolti gli ospiti di riguardo e i clienti che ogni mattina venivano a salutare il loro padrone secondo l’uso della salutatio. Un servo chiamato nomenclator li annunciava al suo padrone sussurrandogli il nome all’orecchio. Il ricco patrizio, in segno della sua benignità , faceva dono della sportula che inizialmente consisteva in un cesto di frutta e poi venne sostituita in una piccola somma di denaro che ammontava a soli 25 assi d’argento. Abbellito da splendidi affreschi e arredata con ampi divani e sedie,spesso con opere d’arte in bella mostra nonché statue di altissimo pregio, l’atrium aveva al suo interno una grande vasca rettangolare chiamata impluvium che raccoglieva l’acqua piovana che cadeva in perpendicolare dall’apertura del soffitto chiamata compluvium. L’acqua veniva raccolta in una cisterna sotterranea e alimentava la dotazione idrica della casa. In un angolo dell’atrium era collocato un piccolo altare votivo. Gli antichi romani veneravano i loro avi e molte divinità pagane pertanto ogni famiglia possedeva un lararium. Era un piccolo altare posto su un tavolo o una colonnina di marmo davanti al quale venivano fatte le preghiere e presentate le offerte ai propri geni tutelari chiamati lari, mani e penati, in cambio della loro protezione.
Il cubicolo era la stanza da letto padronale, una celletta senza finestre ma arricchita da bellissimi affreschi. All’interno vi era il letto, un armadio a muro e un comodino sul quale si potevano trovare delle anfore, un catino e uno specchio. Le stanze erano illuminate da piccole lucerne ad olio appese al soffitto.
Le alae erano invece dei disimpegni che collegavano le stanze. Un altro ambiente era il tablinum, lo studio del padrone che fungeva anche da salotto. La stanza era riscaldata dal braciere e illuminata dalle lucerne ad olio poste sopra grossi candelabri. In questa stanza il padrone conservava l’archivio di famiglia e riceveva i suoi clienti. Il tablinum aveva gli angoli delle pareti foggiate a pilastri, dei magnifici affreschi parietali. Riceveva luce ed aria dall'atrium da cui era separata da tendaggi, e dal peristylium sul quale si affacciava con un'ampia finestra. Al centro della stanza si trovava la scrivania sulla quale possiamo notare, dalla ricostruzione grafica, la presenza di rotoli di carta e di tavolette su cui venivano incise le parole con una piccola stilo di ferro. Poiché non vi erano finestre la luce che illuminava le stanze proveniva esclusivamente dall’impluvium e dal peristilium, il grande giardino interno.
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