Le “figlie di Dio” di Federica Valabrega.
Un viaggio nel mondo delle comunità ortodosse per riscoprire la spiritualità delle donne ebraiche
Grande affluenza di
pubblico all'inaugurazione della mostra fotografica “Daughters of
the King” di Federica Valabrega che si è tenuta martedì 26
novembre alla Ermanno Tedeschi Gallery di Roma. La famosa galleria
d'arte romana ci sorprende ancora una volta per la scelta degli
artisti proposti, sempre interessanti ed attuali.
Federica Valabrega è una
giovane fotografa italiana che vive e lavora a New York, dove ha
maturato una discreta esperienza nel campo del fotogiornalismo.
“Daughters of the king” è la sua prima mostra, e ha scelto Roma,
sua città natale, per presentare al pubblico le sue fotografie. Un
evento importante che si affianca alla presentazione dell'omonimo
libro che raccoglie al suo interno questo splendido lavoro.
Filo conduttore della
mostra è la donna ebraica. Una serie di ritratti di donne colte
mentre pregano, parlano tra loro, passeggiano per le strade. Un
percorso esplorativo nelle varie comunità ebraiche per riscoprire il
mondo femminile che si muove al loro interno e comprendere come viene
vissuta ogni p singola spiritualità. Mondi diversi si affacciano
davanti ai nostri occhi, con usi e costumi che racchiudono un
messaggio di profonda appartenenza al gruppo ma dove la religiosità
spesso viene espressa al di là dei canoni tradizionali imposti.
Emergono profonde differenze dal modo in cui queste donne imprimono
la loro vita di quella genuina spiritualità che dà loro forza e
coraggio per affrontare le difficoltà quotidiane. I soggetti sono
singolari, affascinanti, racchiusi in immagini che ci riportano
indietro nel tempo perché lontane dall'atmosfera frenetica delle
metropoli.
Osservando attentamente
le fotografie emerge una donna vivace, vitale, di grande femminilità
e che si accompagna ad un modo personale di affrontare la vita. Un
modo singolare di essere donna, femminile, di grande forza interiore
e di profonda spiritualità.
“Daughters of the King”
è il prodotto di un lavoro lungo e impegnativo che ha avuto inizio
nel 2010 e che si è sviluppato nel tempo, impegni di lavoro
permettendo. Un percorso esplorativo testimoniato da bellissime
fotografie scattate percorrendo i continenti attraverso un viaggio
che ha toccato New York, Parigi, Israele, Marocco e Tunisia. Una
serie di suggestivi scatti fotografici in bianco e nero, in cui
l'immagine emerge nitida allo sfondo scuro.
Una frase emerge dal muro
bianco, parole emblematiche che spiegato il significato di questo
interessante lavoro. La frase cita testualmente : “L'orgoglio di
una Figlia di Dio si annida nelle più segrete venature della sua
anima”. Federica è emozionata e risponde calorosamente ai saluti e
ai complimenti di amici e parenti presenti alla serata, ma nonostante
sia molto impegnata, gentilmente ci concede un'intervista.
Domanda: Il tuo lavoro
ha comportato un processo di elaborazione molto lungo. Se non sbaglio
sono occorsi 4 anni di lavoro. Si tratta quindi di un lavoro
impegnativo. Quale è stato il punto di partenza? E soprattutto quale
è stato il tuo approccio alle comunità che hai fotografato?
Risposta: Diciamo che gli
ebrei ortodossi li ho sotto casa. Io vivo a Brooklyn. L'ispirazione è
nata dal vederli tutti i giorni. Ogni giorno mi veniva proprio voglia
di fare una foto perché osservandoli mi sembrava di ritornare nel
passato. Non vedevo l'ora di vederne un altro per osservare come si
era vestito. E poi il fatto delle donne perché io sono una donna e
sono un' ebrea. Nei libri che leggevo da bambina si parlava sempre
di uomini con i cappelli e i caftani neri. Ma fammi vedere le donne,
che cosa hanno le donne in più o in meno? Come sono vestite? Come si
acconciano i capelli? Perché hanno questo loro modo di camminare? E
così sono partita. Ho cominciato a scattare nel 2010 e dopo 4 anni
sono arrivata qui. Sono passata per Israele, per Parigi, per il
Marocco, per la Tunisia, ma non ho scattato tutti i giorni. Nel
frattempo ho lavorato, ho pubblicato per qualche giornale. Questa è
la prima mostra, il mio primo libro e sono molto emozionata.
Domanda: Hai trovato
dei punti in comune tra tutte queste comunità che hai osservato e
che hai immortalato con la tua macchina fotografica?
Risposta: Il punto in
comune è racchiuso in quella frase scritta sul muro. La bellezza di
una Figlia di Dio, il suo orgoglio, risiede in se stessa. Sebbene gli
scatti esteriori colgano la loro fisicità, la loro bellezza fisica,
queste donne sono anche molto spirituali, molto profonde, molto
sexy, molto donne.
Domanda: E quale è la
differenza che hai colto rispetto a noi occidentali? Soprattutto
andando a Gerusalemme, in Tunisia, in Marocco, in questi posti dove
la donna è un po' sacrificata. Almeno questa è l'immagine che ci
viene solitamente trasmessa.
Risposta: Non sono
d'accordo, e comunque questo in tutti i casi ho cercato di non farlo
apparire, perché non lo è. Dipende dalla comunità a cui
appartengono, dipende dal tipo di setta, dal tipo di persona. Ognuno
ha il suo modo di vivere. Rispetto alle donne del maghreb arabo e
ebraico che ho visitato questa estate, le ebree che ho conosciuto e
che ho fotografato non hanno niente a che fare. Sono molto più
libere. Possono fare molte più cose. A me non piace neanche mettere
in luce questa cosa perché è la loro vita. Noi la vediamo da
fuori. Come possiamo giudicarla? E' talmente diversa dalla nostra. E'
un'altra cultura, un altro modo di essere ebreo, molto incentrato
sulle regole. Queste sono le regole, tu le rispetti, che siano giuste
o sbagliate. Poi però ci sono tante di queste donne che hanno
spaziato, che hanno detto sì, io le rispetto, ma le rispetto a mio
modo. E questa è la bellezza delle varie sfumature, il modo in cui
hanno rispettato o non rispettato le regole.
Domanda: In una tua
intervista hai dichiarato che hai voluto percorrere questo viaggio
per riscoprire la tua fede?
Risposta: Non la mi fede,
ma la mia identità.
Domanda: Ti senti
quindi arricchita da questa esperienza e in che cosa?
Risposta: Mi sento
arricchitissima perché ho dato un poco più di spessore a tante cose
che magari uno quando nasce non dà. Io sono nata da una madre non
ebrea e convertita alla nascita, ho avuto un'infarinatura alla
religione ebraica dai nonni, dagli zii, dalle persone intorno a me
però non sono andata a scuola ebraica, non ho studiato l'ebraico. Ma
quando sei a New York sono talmente vicini a te che non puoi non
esserne incuriosito. Sono tutti ebrei a New York , anche i non
religiosi, molti, da generazione in generazione. Quindi a un certo
punto ti fai delle domande. Che cosa significa essere ebreo così o
colà? E ti accorgi che ci sono enormi differenze. Volevo capire come
si fa a vivere una vita di precetti, che cosa significa. E mi piace,
mi piace molto però io non sarò mai così. Io non sono così
ortodossa, anzi non sono ortodossa per niente. Potrei aprire un
capitolo sul significato di ortodossia Diciamo che c'è la religiosa
e l'ortodossa. L'ortodossa riconosce la religione, ma la vive ad un
altro livello, deicide di cambiare una regola a suo piacimento. Ad
esempio decide che il capello si taglia ma non fino a lì. Ci sono
tante sfumature rispetto a queste cose. Mi ha arricchito perché ho
ritrovato un significato all'ebraicità. Però mi sono anche molto
arrabbiata, ci sono delle cose che non capirò mai, che non mi vanno
bene.
Domanda: Quali sono le
cose che ti hanno dato fastidio proprio come donna occidentale?
Risposta. Tutti mi
volevano far sposare con qualcuno. Questo mi ha dato molto fastidio.
Perché nella religione ebraica le donne sono iper femministe. Ma gli
rompono le scatole tutti. Come hai 18 anni ti vogliono far sposare.
Le donne vogliono sposarsi , è ovvio, ma ci sono anche quelle più
moderne che il fidanzato se lo trovano da solo.
Domanda : Tu a
Brooklyn appartieni ad una comunità ebraica?
Risposta: No, appartengo
solo a me, non mi piace appartenere ad una comunità. Il bello
della nostra religione è che ci sei te e Dio.
Domanda: Una domanda
sulla tecnica. Complimenti per il lavoro perché il soggetto che
emerge dal chiaro scuro ha un forte impatto visivo all'interno di un
quadro in cui la composizione degli attori appare perfettamente
posizionata. Ma il soggetto nasce da un'idea precostituita o lo
scatto fotografico avviene casualmente?
Risposta. No, sono una
foto giornalista di nascita. Cammino per strada, vedo, scatto, se c'è
una persona che proprio mi piace la seguo per chilometri, poi ad un
certo punto la placco. Ma se gli dico che voglio farle una foto,
questa viene una schifezza. Perché gli fai una foto e lei si mette
subito in posa e perciò perde tutta la naturalezza.
La sposa che tutti
pensate sia in posa non è in posa per niente. Lei è un' isterica,
sta per sposarsi, non trova le calze. Mentre sta andando a cercare
le calze in una stanza si spruzza il profumo. Riesce a trovarle un
paio nella valigia di una sua sorella venuta da Israele per il
matrimonio.
Domanda: Quindi è
tutto casuale?
Risposta: Quasi tutto.
Domanda : Visto che in
alcuni scatti il soggetto emerge dal chiaro scuro in piena luce
come se uscisse dalle tenebre, un effetto che mi ha molto colpito, mi
domandavo come sei riuscita a creare questo gioco di luci ?
Risposta: Perché ho un
flash in mano. Io vado per strada con il mio flash, con la mia
macchina sperando di trovare dei soggetti interessanti.
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