dal
24 gennaio al 3 febbraio 2015
Complesso
Sant'Andrea al Quirinale
Teatro
dei Dioscuri
via
Piacenza 1, Roma
(testo Rosa Orsini)
(testo Rosa Orsini)
Inaugurata
il 24 gennaio al “Teatro dei Dioscuri” a Roma la personale di
Gualtiero Redivo intitolata “L'intelligenza dei nodi”. Fino al
prossimo 3 febbraio sarà possibile ammirare nel foyer del teatro il
lavoro dell'artista ligure: una sequenza di tele dalle diverse
tonalità cromatiche, accomunate dalla presenza del nodo come
elemento unico ed identificabile, centrato sulla base di supporto.
Gualtiero Redivo utilizza il nodo come elemento geometrico per dare
volume agli spazi. Ma lo sceglie anche come elemento riconoscitivo
della sua grafia, come nota stilistica del suo linguaggio. Dai quadri
compositi, realizzati con materiali di vario genere, emergono piccoli
o grandi nodi intrecciati, contorti, allentati.
La tecnica si basa nell'amalgamarli con stoffe di vario tipo conferendo un senso di uniformità all'insieme. L'utilizzo infine di lucido da scarpe, pur opacizzando la tela, l'impregna di spessore cromatico, mentre l'applicazione del flatting dona una lucidità tale che produce un effetto marmorizzato capace di ispirare una reazione di carattere tattile. Una tecnica a rilievo dove la profondità è la risultanza visiva finale.
La tecnica si basa nell'amalgamarli con stoffe di vario tipo conferendo un senso di uniformità all'insieme. L'utilizzo infine di lucido da scarpe, pur opacizzando la tela, l'impregna di spessore cromatico, mentre l'applicazione del flatting dona una lucidità tale che produce un effetto marmorizzato capace di ispirare una reazione di carattere tattile. Una tecnica a rilievo dove la profondità è la risultanza visiva finale.
L'intuizione
nel riconoscere nel nodo il significato ancestrale che le culture
antiche gli hanno attribuito fanno di Gualtiero Redivo un artista
concettuale. La contemporaneità della tecnica si sposa quindi con un
soggetto di antica matrice che ritrova nelle sue opere il ruolo di
protagonista. L'intelligenza dei nodi sottolinea quindi l'intrinseca
capacità dialettica che sottintende
ai valori profondi che ruotano intorno al concetto di legame, e
quindi di relazione intersoggettiva tra gli uomini nonché tra uomo e
divinità. Significato in questo contesto trasposto nella società
odierna, al fine di confutare i falsi valori alla base della sua
vacillante impalcatura. Nel tentativo di ridare dignità all'uomo e
risvegliare le menti assopite dai bombardamenti mediatici e dalle
tensioni primitive degli assembramenti sportivi, Redivo propone i
suoi quadri supportati da messaggi concettuali.
Una
celata critica all'attuale produzione artistica, se così si può
intendere, carente di quella valenza comunicativa, intrisa di valori
concettuali e divulgativi, che ha caratterizzato tutta la pittura dei
secoli passati. Redivo vuole colmare quel vuoto ed effettua la
compiutezza del dialogo espressivo attraverso l'uso di titoli di per
sé non descrittivi e addirittura interscambiabili, capaci di
completare l'opera pittorica affiancando alla struttura materica un
apporto concettuale, nell'intento di creare un corpus unico.
L'intuizione
nei nodi di ritrovare significato ai vari aspetti della società
contemporanea è alla base del suo lavoro. L'osservatore è chiamato
a riconoscere nell'opera, di per sé alquanto enigmatica, il
significato indicato dal titolo, ma non accettandola come verità
assoluta bensì come traccia di un sentiero esplorativo. Uno sforzo
celebrale voluto proprio per portare l'osservatore a pensare e
riconoscere ciò che la società confonde e vela, non per avere
risposte ma per suscitare dubbi e domande. Redivo è indubbiamente un
artista concettuale, pervenuto dopo un lungo ed articolato percorso
artistico ad operare una sintesi che si esprime proprio nella scelta
di un simbolo, della metafora come elemento espressivo, ed esprimere
la sua personale e costruttiva critica alla società in cui vive
rivendicando il diritto al pensiero e all'individuale presenza nel
mondo facendo parlare le coscienze.
Domanda:
Qual è il tuo percorso nel mondo dell'arte?
Gualtiero:
Non ho una formazione di carattere accademico. E a tutt'oggi non ho
scelto l'arte come lavoro. Ho iniziato a 17 anni a fare quadri. Dopo
i primi passi in ambito figurativo mi sono allineato ai nuovi canoni
espressivi che sbocciavano negli anni 60.
D:
Sei stato quindi influenzato dai fermenti culturali del tempo?
Gualtiero:
Più che influenzato. Il mondo era in fermento e nuove utopie
spingevano le giovani generazioni ad essere protagonisti del
cambiamento. Feci la prima collettiva al Palazzo delle Esposizioni di
via Milano nel 1969. In quell'occasione realizzai due opere,
utilizzando mattoni forati tagliati a metà e tessere di legno
colorate composte in un mosaico. Le opere furono esposte nelle
immediate vicinanze dell’entrata dello spazio. Ricordo che molti
visitatori rimanevano sorpresi da tante “stranezze” e qualcuno
rideva. Era un periodo di forte trasformazione e la gente non era
ancora abituata a confrontarsi con questi nuovi schemi espressivi.
D:
La composizione di sé è perfetta. Si vede che l'opera è il
risultato di un percorso di ricerca, di uno studio attento della
forma e dei materiali.
Gualtiero:
Mi sono sempre interessato di pittura con lo sguardo rivolto anche e
soprattutto al passato. Ritengo che il retaggio della nostra
tradizione mi abbia accompagnato nella ideazione e costruzione di
forme e immagini.
D:
Ma da tutto questo percorso come sei arrivato a questa sintesi
concettuale?
Gualtiero:
La sintesi alla quale sono arrivato, al di là della qualità dei
risultati ottenuti, deriva dalla consapevolezza che spesso i quadri
contemporanei risultano autoreferenziali, decorativi, “muti”
avendo smarrito la funzione di raccontare il
dramma e la complessità del mondo.
Ho cercato, quindi, di far evaporare questa incompiutezza affiancando
alle mie opere non simboliche un titolo, non un’inutile e sterile
didascalia ma un’espressione del mio vissuto.
D:
Potresti spiegarmi il carattere del titolo che collochi sotto ogni
quadro?
Gualtiero:
Il titolo non è
necessario in un quadro non figurativo ma se è presente sollecita
un’interpretazione per svelare ciò che apparentemente è assente e
trovare una spiegazione che ha un valore culturale. Il compito che
assegno al titolo è quello di fornire a chi guarda una sorta di
mappa che solleciti la sua immaginazione a scoprire molteplici
percorsi di lettura dell’opera. Tutto qui. La visione è un atto
irripetibile e colui che osserva “produce” l’immagine che
guarda. Ritengo che sotto l’effetto del titolo l’osservatore
possa con-fondere elementi formali e concettuali generando una
consapevolezza inaspettata, emotiva e intellettuale che diventa
esperienza degna di interesse.
D:
Tornando al discorso della tecnica, per te la materia è di per sé
portatrice o meglio evocatrice di significati?
Gualtiero:
Sì certo, viviamo in una società inondata da oggetti da
“consumare”. Quindi la materia è sicuramente “manifestazione”
della contemporaneità.
D:
E quindi diventa simbolo e metafora.
Gualtiero:
Diventa simbolo, certo. Del resto già a partire dagli anni '50,
l’Informale
e più tardi il Nouveau
Réalisme in Europa e la
Pop Art
in America hanno celebrato la materia come protagonista.
R:
Riguardo la scelta del nodo come simbolo di questo dialogo
espressivo, c'è stata in questo caso un'intuizione in base a degli
studi sulle società del passato?
Gualtiero:
Il nodo è stato usato in tutte le civiltà e in ogni tempo. Quindi
il nodo è un linguaggio universale, una sorta di esperanto. Il “mio”
nodo nasce sostanzialmente dalla volontà di individuare un elemento
che dando riconoscibilità, possa, deformando la materia, formare lo
spazio e dare ritmo alle opere. Infatti il nodo stimola
nell’osservatore una reazione empatica, cioè un’azione motoria
quale ripetizione istintiva del processo creativo fatto di stiramenti
e compressioni, tali da essere avvertiti alla stregua di respiri e
pulsioni vitali, configurando lo spazio-tempo.
D:
Come nascono le tue opere, da un'intuizione di fronte alla tela, o
meglio alla materia, oppure da un'idea che si accende e da cui si
sviluppa un progetto?
Gualtiero:
Le mie opere nascono semplicemente da una “cosa” particolare che
mi colpisce, che reputo accattivante e suggeritrice. Poi applico
sottopongo questa “cosa” particolare a un processo seriale di
manipolazione, strutturazione e contestualizzazione, fatto da n
passi, che termina solo nel momento in cui reputo soddisfacente e
elegante il risultato ottenuto.
Gualtiero:
I titoli riassumono
pensieri che mi appartengono e non mi abbandonano mentre faccio
qualcosa, possiamo dire che sottintendono costantemente le mie
azioni. Potrei anche cambiare il titolo ad un'opera ma questo non
cambia il senso
dell'opera. Il titolo è semplicemente un complemento essenziale
dell’opera. I titoli non sono arbitrari, fanno parte del modo in
cui interpreto la realtà e condensano in poche parole, cioè in
formule, concetti. Il titolo non è una spiegazione di ciò che si
osserva, non è una verità, ma una occasione di confronto, un
interrogativo che deve interagire con i connotati del quadro fornendo
spunti significativi, però inosservabili, che mettono in gioco tutta
una serie di relazioni intenzionali e casuali, legate al contesto
storico e all’appartenenza a una tradizione.
D:
Quindi ti riconosci nel ruolo di artista concettuale visto che, nella
tua intenzione di comunicare una critica sociale e raccontare la
società con un linguaggio diverso, i tuoi concetti trovano spazio
nelle tue opere.
Gualtiero:
Faccio dei quadri con la presunzione di fare un’operazione
culturale. Il titolo, fonde la sfera dell’emozione con la sfera
della ragione, non spiega ma suggerisce e inocula il dubbio e esorta
al dialogo. L'osservatore deve essere stimolato a interpretare
l’artefatto che ha davanti perché ritiene tale esperienza
interessante.
D:
Porterai in giro per l'Italia questo lavoro?
Gualtiero:
Alcuni dei quadri ora in esposizione ai Dioscuri saranno certamente
presenti nella prossima personale che terrò a Saluzzo per fine marzo
e anche nell’altra personale che terrò nella seconda metà
dell’anno a Milano. A fine febbraio andrò in Qatar per realizzare
tre opere, su invito di Regency Art, emanazione di una catena
internazionale di alberghi.
Nessun commento:
Posta un commento