La giovane promessa della moda italiana, presenta la sua collezione di cappelli alla galleria Vittoria di Roma, apportando il suo personale omaggio al grande cantante inglese recentemente scomparso
(Testo Rosa Orsini,
fotografie Elena Datrino)
La moda riscopre
l'accessorio. Il cappello ritorna in auge con una veste completamente
moderna, fashion e divertente. Il passato lo aveva quasi dimenticato,
considerandolo scialbo, informe, anonimo demodé. Oggi lo ritroviamo
protagonista della scena in una suggestiva mostra allestita alla
Galleria Vittoria di Via Margutta a Roma. Modelli estrosi,
ironici, nati dalla fantasia del giovane fashion designer
milanese Francesco
Ballestrazzi. dalle strutture rigide e complesse, realizzate non
soltanto con stoffe ma anche con materiali rigidi, plastica e fil di
ferro, che permettono di giocare con le forme e i volumi.
Espressione libera di una creatività moderna, ispirata ai nostri tempi, che trasforma l'accessorio in un'opera d'arte, fruibile da indossare ma soprattutto ammirevole per la sua originalità. Francesco si affaccia al mondo della moda nel 2012 dopo un'esperienza lavorativa presso la Maison Moschino dove realizzava vetrine creative. Oggi presta la sua collaborazione per la stilista romana Caterina Gatta, per Vivetta, per A-Lab Milano e per altri giovani designers. Nel frattempo indirizza la sua attenzione anche all'estero, in particolar moda alla Gran Bretagna dove sta appuntando tre collaborazioni con la fashion week di Londra. Dal 2014 le collezioni di Francesco stanno diventando numerose e nutrite. Negli ultimi tempi i suoi pezzi stanno emergendo sul mercato come un nuovo brand di richiamo, riconoscibili come vere creazioni artistiche, anche se alla base prevale sempre il discorso di fruibilità e vestibilità imposto dalla moda.
Espressione libera di una creatività moderna, ispirata ai nostri tempi, che trasforma l'accessorio in un'opera d'arte, fruibile da indossare ma soprattutto ammirevole per la sua originalità. Francesco si affaccia al mondo della moda nel 2012 dopo un'esperienza lavorativa presso la Maison Moschino dove realizzava vetrine creative. Oggi presta la sua collaborazione per la stilista romana Caterina Gatta, per Vivetta, per A-Lab Milano e per altri giovani designers. Nel frattempo indirizza la sua attenzione anche all'estero, in particolar moda alla Gran Bretagna dove sta appuntando tre collaborazioni con la fashion week di Londra. Dal 2014 le collezioni di Francesco stanno diventando numerose e nutrite. Negli ultimi tempi i suoi pezzi stanno emergendo sul mercato come un nuovo brand di richiamo, riconoscibili come vere creazioni artistiche, anche se alla base prevale sempre il discorso di fruibilità e vestibilità imposto dalla moda.
Accompagnato
dalla giovane fotografa milanese Elena Datrino, con cui ha progettato
l'allestimento fotografico, Francesco appare visibilmente emozionato.
La sua prima esposizione a Roma ci permette di conoscere meglio il
suo estro creativo. Ci accingiamo dunque a fare qualche domanda per
scoprire come nascono le sue idee e soprattutto la scelta di
dedicarsi alla creazione di cappelli.
Domanda:
Come nasce il tuo percorso nel mondo della moda e soprattutto perché
hai scelto di dedicarti alla creazione di cappelli?
Francesco:
La mia attività nasce innanzitutto per esigenza. Lavoravo da
Moschino dove realizzavo vetrine creative, poi il lavoro è andato
scemando per via della crisi che ha colpito anche il settore della
moda. Perciò ho dovuto inventarmi un lavoro. La scelta di occuparmi
di cappelli nasce dal bisogno di esprimere liberamente la mia
creatività, svincolato dai dettami della moda e dalla tecnica. il
cappello era l'unico oggetto che mi permetteva di lavorare a 360
gradi senza limitazioni di sorta e senza la necessità di dover aver
frequentato una scuola formativa. Perciò mi sono lanciato in questo
nuovo progetto. Era il 2011. Anche se ufficialmente il mio nome è
esploso nel 2014.
D:
Come crei i tuoi modelli? Parti da un disegno di base che fai
sviluppare in laboratorio oppure li realizzi personalmente?
Francesco:
Effettivamente li faccio
io stesso a mano, in base ad un'idea che mi viene in mente. Non parto
da un disegno preparatorio, a meno che me lo richiedano per le
collaborazioni. In quel caso mando qualche schizzo indicativo.
Personalmente preferisco lavorare direttamente sul pezzo, creando le
forme e scegliendo i materiali, perché disegnare un cappello è
veramente difficile. Essendo un oggetto tridimensionale prevede un
disegno complesso che comprende la base, il fronte e il retro.
D:
I tuoi capelli sono molto originali, sia per l'uso dei materiali sia
per le forme spesso complesse che proponi al pubblico, strutture
diremo azzardate, che sfidano le leggi fisiche se non ci fossero dei
supporti rigidi a contenerle. Che cosa ispira la tua creatività?
Francesco:
L'ispirazione viene da qualsiasi cosa. Generalmente parto da
storie, film, libri che ho visto e letto. Anche la natura esercita
su di me una forte fascinazione. Gli animali, le piume e una varietà
di colori con cui mi piace giocare mi permettono di esprimere appieno
la mia fantasia. Ma anche scampoli di stoffa, bottoni ecc.. diciamo
tutto quello che mi sta intorno si può trasformare in un oggetto, e
partecipare alla mia idea creativa.
Francesco:
I light box che vedi esposti rappresentano dei pezzi unici che non
fanno parte delle collezioni. Li ho realizzati per mettermi alla
prova, per vedere se ero veramente capace di fare un cappello. In
quel caso non c'erano né limitazioni né costrizioni, per cui ho
lasciato libera la fantasia. Poi però entrando in un sistema più
schematico come quello della moda, è subentrato il discorso delle
collezioni invernali ed estive. E da lì ho iniziato a creare delle
vere e proprie storie da raccontare.
D:
Il titolo della mostra “Take a Bowie” contiene evidentemente una
dedica a David Bowie. Come ha coinciso la mostra con la sua
scomparsa?
Francesco:
In verità l'idea di dedicare la mostra a Bowie è venuta dopo.
Inizialmente doveva essere incentrata sui miei lavori d'archivio, ma
la scomparsa di Bowie mi ha toccato profondamente. Ho creduto di
interpretare un sentimento comune rendendogli omaggio. Perciò ho
pensato di presentare qualcosa di nuovo, una mini mini collezione,
che potesse apportare un tributo a questa figura leggendaria della
musica inglese. Ho cercato di riprodurre con i miei cappelli le
immagini iconiche che ognuno di noi conserva di David Bowie, come il
fulmine, il titolo della canzone “Heroes”, una cuffia di piume
rosse che rappresenta il periodo in cui lui aveva i capelli rossi, e
così via.
D:
L'allestimento della mostra è carico di fascino, soprattutto per la
presenza delle fotografie che esaltano i soggetti dei tuoi cappelli.
Come nasce la collaborazione con Elena Datrino?
Francesco:
Prima di tutto da una amicizia profonda. Lei è una fotografa
professionista e aveva voglia di sperimentare nuovi progetti. Già
dalle prime foto, realizzate nel suo studio a Milano, è nata una
grandissima stima lavorativa. perché lei riusciva a far vivere con
la luce miei cappelli.
A
questo punto chiediamo ad Elena di intervenire.
Domanda: Parliamo delle fotografie che accendono le pareti della galleria. Si evince la professionalità del tuo lavoro che comporta la scelta delle inquadrature e delle luci. Un effetto finale che lascia ammirati. E stato difficile realizzarle?
Domanda: Parliamo delle fotografie che accendono le pareti della galleria. Si evince la professionalità del tuo lavoro che comporta la scelta delle inquadrature e delle luci. Un effetto finale che lascia ammirati. E stato difficile realizzarle?
Elena:
Tecnicamente sì. Sono foto apparentemente semplici, ma dietro ci
sono schemi di luce ben precisi. Emotivamente no, perché è
abbastanza facile entrare in empatia con Francesco, con quello che
vuole dire e anche con tutte le suggestioni che vuole trasmettere.
Francesco mi ha sempre lasciato molto libera, soprattutto nel
proporre le mie idee. Quello che gli ho proposto ha funzionato subito
perché alla base c'è stato un intento di idee che ci ha permesso di
pervenire ad un comune progettazione e programmazione.
D: Come è nata la progettazione?
Elena:
La progettazione è stata fatta insieme basandoci su un'idea di
interpretazione. Per esempio parlando dei light box per farli
funzionare bene dovevano essere retro illuminati. Così abbiamo
cercato uno triplo schema di luce, abbastanza tipico per lo stylight
ma atipico per i capelli. Alcune fotografie sono state studiate con
delle atmosfere particolari, realizzate seguendo il procedimento
della low key ossia della sotto esposizione, con delle luci
abbastanza teatrali provenienti dall'alto ed una serie di riflessi
dal basso, che permettono di avere un effetto tridimensionale. Questo
per far sì che non solo il colore ma anche la forma venissero fuori
allo stesso tempo. Tutti dettagli tecnici, come l'uso del manichino,
che abbiamo scelto insieme.
D:
Accanto alle fotografie compare anche un video.
Elena:
C'è una collezione di 11 foto, le uniche di indossato che
presentiamo in questa occasione. E poi una serie di foto che si
differenziano in style life, ossia quella dedicata al “Tea time”.
Una collezione di cui abbiamo creato una vera campagna indossata. In
realtà le foto sono una conseguenza di un altro prodotto visivo, un
video girato da Davide Bedoni, un bravissimo regista di fashion film.
Questo video è stato tra l'altro selezionato da Vogue Italia e ha
diciamo consacrato Francesco tra i new talents italiani del 2012. Io
ho realizzato la direzione della fotografie del video e qundi la
scelta delle immagini. Ognuna potrebbe essere considerata una piccola
campagna pubblicitaria a sé.
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