"Ciclismo, cubofuturismo
e la quarta dimensione: "Al velodromo" di Jean Metzinger" fino al 16 settembre alla collezione Peggy Guggenheim di Palazzo Venier dei Leoni a Venezia
Esemplare rappresentazione
del linguaggio cubista, “al Velodromo” di Jean Metzinger è indubbiamente un
capolavoro. Dopo più di cinquant’anni,
da quando nel 1945 venne acquistato dalla miliardaria Peggy Guggenheim ed entrò
a far parte della magnifica collezione d'arte moderna della prima metà del
novecento, oggi il dipinto svela il suo segreto.
L’uomo o meglio lo sportivo ritratto dal pittore è il ciclista Charles Crupelandt, immortalato mentre percorre i pochi metri che lo separano dal traguardo lungo il pavé della Parigi- Roubaix che lo vide vincitore nel 1912. Dall’8 giugno fino al 16 settembre il dipinto è il punto focale da cui si irradia la mostra “Ciclismo, cubofuturismo e la quarta dimensione: “al velodromo” di Jean Metzinger” presentata alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. La mostra è curata dallo storico dell’arte Erasmus Weddingen, che per primo ha scoperto l’identità del ciclista e l’anno di realizzazione. Si tratta di una retrospettiva che celebra il connubio tra arte e ciclismo, lo sport che agli albori del 20mo secolo infervorò gli animi degli appassionati delle due ruote ispirando nel contempo numerosi capolavori dell’arte avanguardista europea. L’artista essendo parte integrante della società è partecipe delle sue pulsioni e delle sue passioni. In tal modo l’arte trova nutrimento e spunto dalla realtà che la circonda diventando testimone oculare anche di importanti eventi sportivi. Metzinger, ideatore del manifesto sul cubismo, fu il primo ad trasferire nell’arte avanguardista la passione per le gare ciclistiche.
“Al velodromo” infatti è la prima
opera cubista che raffigura un evento sportivo, cui seguirono altri due dipinti
sullo stesso soggetto oggi esposti in contemporanea alla mostra insieme ad un disegno sul tema della quarta dimensione. Nel dipinto “Al velodromo” Metzinger volle
cogliere l’inafferrabile e fermare il tempo con il suo pennello, cosicché riuscì
a dare corpo e spessore all’attimo fuggente, a quello che i cubisti definivano
la quarta dimensione. Ne nasce quindi una profonda riflessione sul concetto di
movimento e di dinamismo e sul rapporto
spazio tempo all’interno della concettualizzazione della proiezione
tridimensionale di un oggetto che si realizza nella proiezione dello stesso
oggetto in quattro dimensioni.
Nel suo intento fu seguito per così dire "a
ruota" da altri illustri esponenti della corrente cubista come Marcel Duchamps le
cui opere sono legate al tema dell’elasticità dello spazio, e del futurismo
italiano come Umberto Boccioni (Dinamismo di un ciclista, 1913), Mario Sironi
(Il ciclista,1916), Fortunato Depero (Ciclista attraverso la città, 1945) e Gino
Severini che a loro volta scelsero il ciclismo come soggetto delle loro tele testimoniando
la loro passione per il ciclismo.
L’uomo o meglio lo sportivo ritratto dal pittore è il ciclista Charles Crupelandt, immortalato mentre percorre i pochi metri che lo separano dal traguardo lungo il pavé della Parigi- Roubaix che lo vide vincitore nel 1912. Dall’8 giugno fino al 16 settembre il dipinto è il punto focale da cui si irradia la mostra “Ciclismo, cubofuturismo e la quarta dimensione: “al velodromo” di Jean Metzinger” presentata alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. La mostra è curata dallo storico dell’arte Erasmus Weddingen, che per primo ha scoperto l’identità del ciclista e l’anno di realizzazione. Si tratta di una retrospettiva che celebra il connubio tra arte e ciclismo, lo sport che agli albori del 20mo secolo infervorò gli animi degli appassionati delle due ruote ispirando nel contempo numerosi capolavori dell’arte avanguardista europea. L’artista essendo parte integrante della società è partecipe delle sue pulsioni e delle sue passioni. In tal modo l’arte trova nutrimento e spunto dalla realtà che la circonda diventando testimone oculare anche di importanti eventi sportivi. Metzinger, ideatore del manifesto sul cubismo, fu il primo ad trasferire nell’arte avanguardista la passione per le gare ciclistiche.
Metzinger, Al velodromo, 1912 |
Depero, Ciclista attraverso la città, 1945 |
Boccioni, Dinamismo di un ciclista, 1913 |
Importante evento collaterale della mostra è
stato un incontro dal titolo “Ricordi della Roubaix” che ha coinvolto alcuni famosi
ciclisti come Francesco Moser che hanno testimoniato la loro esperienza
nell’avvincente quanto faticosa corsa francese. Per celebrare la suddetta gara il
principale media partner, la “Gazzetta
dello sport”, ha messo a disposizione della manifestazione i propri archivi, nonché
materiali fotografici e foto d’epoca che ritraggono i campioni delle varie
edizioni. A questo punto ci domandiamo se non sia proprio il ciclismo il principale
protagonista dell’evento visto che nelle sale sono esposti in primo piano modelli
di biciclette vecchi e nuovi provenienti dal Museo della bicicletta “La belle échappée” di La
Fresnaye-sur-Chédouet, e dal Museo del Ciclismo Madonna del Ghisallo. E non finisce qui.
Una delle sale ospita un
singolare prototipo di bicicletta messa
a disposizione del pubblico, progettata dall’Università di Tubinga (Germania) per illustrare le teorie spazio temporali
formulate da Albert Einstein. Per approdare infine a Cyclosna, scultura fredda
e macchinosa creata appositamente per l’occasione dall’artista svizzero Paul
Wedmer ed esposta nel giardino delle Sculture Nasher legata al tema dell’eternità
del tempo ma che rimanda all'idea delle gare ciclistiche.
prototipo di bicicletta |
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